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È legittima l'usucapione da parte dei condomini di beni “sdemanializzati” tacitamente

Inutile il tentativo del Comune di pretendere la restituzione dei beni occupati da anni o il pagamento di un indennizzo da parte dei condomini.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Per lungo tempo si riteneva che la perdita della caratteristica della demanialità potesse avvenire solo esplicitamente, ossia a seguito di un provvedimento espresso della Pubblica Amministrazione. Questa conclusione si basava su una lettura dell'art. 829 c.c. (rubricato "passaggio di beni dal demanio al patrimonio"), norma che stabilisce come il passaggio di un bene demaniale al patrimonio disponibile deve essere (espressamente) dichiarato dall'autorità amministrativa.

La Sezioni Unite hanno ammesso la c.d. sdemanializzazione tacita, locuzione che evidenzia come la declassificazione prescinda dal provvedimento dell'autorità amministrativa" (Cass. civ., Sez. Un., 07/04/2020, n. 7739).

Tale questione può riguardare anche le collettività condominiali che hanno occupato beni in origine demaniali ma che nel tempo hanno perso la demanialità. A tale proposito si segnala una recente decisione della Suprema Corte (ordinanza n. 17346/2024).

Usucapione da parte dei condomini e beni "sdemanializzati" tacitamente. Fatto e decisione

Un Comune citava davanti al Tribunale un condominio e altri soggetti (abitanti in altri caseggiati) detentori di beni (portici, terrazzi e cantine) di cui rivendicava ex art. 934 c.c. la proprietà; l'attore faceva presente che si trattava di manufatti eretti entro la proiezione verticale delle originali scarpate laterali di un viale pubblico e, quindi, realizzati su terreno di proprietà del demanio comunale; in subordine domandava la condanna dei convenuti a pagare un indennizzo, quali detentori senza titolo di beni di proprietà di esso attore. Il Tribunale dava ragione al Comune.

I convenuti chiesero la riforma, previo accertamento della proprietà dei beni in capo a questi ultimi sulla base dei rispettivi titoli di acquisto o, in subordine, per usucapione.

La Corte di appello, ribaltava la decisione di primo grado, rilevando che, con l'approvazione del piano particolareggiato, si era verificata la sdemanializzazione tacita delle aree e il maturato acquisto per usucapione ventennale di manufatti, portici, terrazzi e locali interrati eretti nelle proiezioni delle scarpate verticali della strada.

I giudici di secondo grado sottolineavano che i dieci edifici ai lati del viale erano stati costruiti in attuazione del piano particolareggiato approvato nel 1951 dal Comune, mentre - come accertato dal CTU in primo grado - i manufatti in contestazione (porticati, terrazze, cantine) erano stati realizzati sulla proiezione verticale delle originarie scarpate laterali del viale, quindi su terreno demaniale; tuttavia, ad avviso della Corte, nella fattispecie sussistevano i presupposti della sdemanializzazione tacita, dal momento che il Comune aveva approvato un piano particolareggiato che prevedeva, oltre alla costruzione dei caseggiati di civile abitazione, la realizzazione di un porticato continuo su ciascun lato della strada; autorizzato l'edificazione dei portici e dei terrazzi soprastanti, destinati fin dal principio all'uso esclusivo dei privati; prestato il proprio consenso a che le scarpate fossero sostituite con i caseggiati, per cui il suolo avrebbe cessato di appartenere al demanio stradale, per passare al patrimonio disponibile del Comune, usucapibile da parte dei privati.

Secondo la stessa Corte i condomini avevano pacificamente posseduto i beni oggetto di lite fin dalla costruzione dei caseggiati, e quindi per oltre venti anni. Il Comune ricorreva in cassazione sostenendo, tra l'altro, che la sdemanializzazione tacita si può configurare solo se vi è prova certa della volontà dell'ente di dismettere il bene demaniale, mediante atti univoci che attestino il venir meno dell'interesse pubblico sotteso all'uso di tali beni. Il ricorrente osservava che, né negli atti di approvazione del piano particolareggiato, né in atti e/o comportamenti successivi del Comune risultava un disinteresse pubblico per i beni in questione.

Di conseguenza il Comune era convinto che la Corte di appello avesse errato nel fare semplice riferimento al piano particolareggiato, presupponendo così un effetto che avrebbe, al contrario, dovuto costituire l'elemento essenziale dell'accertamento documentale.

In ogni caso notava che il piano di calpestio dei portici era destinato al passaggio pedonale pubblico, con conseguente conferma dell'interesse pubblico. La Cassazione ha confermato la decisione di secondo grado, ricordando come la sdemanializzazione possa verificarsi anche senza l'adempimento delle formalità previste dalla legge, se risulta da atti univoci e concludenti e positivi della pubblica amministrazione, incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all'uso pubblico.

Secondo la Cassazione il ricorrente semplicemente ha sovrapposto il proprio apprezzamento a quello giudiziale sugli elementi indicatori della sdemanializzazione tacita; tuttavia la Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della Corte di merito ineccepibile.

Si può usucapire un bene statale?

Considerazioni conclusive

La sentenza in commento conferma l'orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui la sdemanializzazione di un bene, con la conseguenziale configurabilità di un possesso da parte del privato "ad usucapionem", può verificarsi tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, solo in presenza di comportamenti positivi della pubblica amministrazione, inequivocamente rivolti alla dismissione del bene stesso dalla sfera del demanio ed al suo passaggio al patrimonio disponibile (Cass. civ., sez. II, 22/04/1992, n. 4811; Trib. Ancona 14 febbraio 2024, n. 321). In quest'ottica la sdemanializzazione tacita non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico, ma è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della P.A. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino (App. L'Aquila 31 gennaio 2024, n. 148). L'accertamento di quanto sopra, esternato dal giudice di merito in una motivazione priva vizi logici, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. civ., Sez. III, 23/05/2023, n. 14269; Cass. civ., Sez. II, 11/03/2016, n. 4827).

Sentenza
Scarica Cass. 24 giugno 2024 n. 17346
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