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Amministratore e reato di appropriazione indebita: bisogna prestare attenzione all'eventuale prescrizione del reato

L'amministratore deve adempiere a propri obblighi con la dovuta diligenza e non approfittare del rapporto di fiducia creato nei confronti dei condomini.
Avv. Anna Nicola 

L'art 646 c.p. punisce chi per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o di un'altra cosa mobile altrui, di cui abbia il possesso.
La pena risulta aumentata se le cose sono possedute a titolo di deposito necessario.
Il reato in esame colpisce sia il diritto di proprietà sia il rapporto fiduciario tra proprietario e soggetto su cui grava l'obbligo di restituire la cosa posseduta.

Come per il caso del rapporto tra condomini e amministratore.
Presupposto del reato in esame è il possesso del bene. Chi commette il reato deve trovarsi già in possesso del denaro o della cosa mobile.

La pena è la reclusione da due a cinque anni oltre alla multa da 1.000,00 a 3.000,00 euro, come da intervento legislativo della L. n. 3/2019 (cd. spazzacorrotti).

I requisiti essenziali del reato sono:

  • Il possesso o la disponibilità della cosa.
  • L'esistenza di una relazione funzionale tra la cosa e l'agente, con la precisazione
  • L'altruità della cosa: che si tratti di denaro o cosa mobile altrui.

Questo reato viene identificato in un reato plurioffensivo, perché ad essere leso dalla condotta non è solamente il diritto di proprietà, ma anche il rapporto fiduciario tra il legittimo proprietario e il soggetto che compie l'illecito, sul quale incombeva l'obbligo di restituire la cosa posseduta.

È chiaro che la fattispecie può venire in esame per l'amministratore, essendo il mandatario dello stabile che gestisce anche economicamente i rapporti del condominio, avendo libero accesso al conto corrente condominiale.

È quanto è stato osservato da ultimo dalla Cass. pen. n. 33529 del 17 maggio 2023.

Attenzione all'eventuale prescrizione del reato di appropriazione indebita da parte dell'amministratore. Fatto e diritto

In sede di primo grado e di successivo appello, l'amministratore è stato condannato al reato di appropriazione indebita. Questi impugna la decisione della Corte di Appello per diversi motivi che la Suprema Corte ha puntualmente rigettato.

I principi che si possono estrapolare da questa decisione del nostro massimo organo giudiziario sono i seguenti.

In merito al rilievo del ricorrente di avvenuta prescrizione del reato, la Corte osserva come essa correttamente si dovesse far decorrere dal compimento di ogni singola condotta appropriativa, stante la natura istantanea del reato e la conseguente ininfluenza del giorno in cui la persona offesa dal reato sia venuta a conoscenza del fatto.

Si è poi tenuto conto delle ragioni per cui il giudice di merito ha ritenuto non influente la prescrizione dalla cessazione della carica. Seppur si tratti di questione non pacifica in giurisprudenza, il giudice ha osservato che questo orientamento si riferisce alle fattispecie in cui i fatti appropriativi diventavano noti al momento della cessazione della carica.

Appropriazione indebita: è reato anche se la gestione è regolare

Diversamente, nel caso in esame le condotte appropriative si sono manifestate già prima di quel momento.

Sulla base di ciò ha dichiarato la prescrizione delle condotte anteriori al 10/01/2012.

Da ciò discende la manifesta infondatezza del contrario assunto difensivo, atteso che la valutazione della Corte di appello ha riguardato i fatti e i correlati reati per i quali era stata proposta impugnazione e rispetto ai quali rientrava nelle sue prerogative stabilire il termine di decorrenza della prescrizione.

È nota la massima secondo cui «nel caso di appropriazione indebita di somme di denaro relative ad un condominio da parte di colui che ne sia stato amministratore, il reato si consuma all'atto della cessazione della carica, in quanto è in tale momento che, in mancanza di restituzione degli importi ricevuti nel corso della gestione, si verifica con certezza l'interversione del possesso. (In motivazione la Corte ha evidenziato che, considerata la natura fungibile del denaro, sino alla cessazione dalla carica l'amministratore potrebbe reintegrare il condominio delle somme precedentemente disperse)», (Sez. 2 - , Sentenza n. 19519 del 15/01/2020, Grassi, Rv. 279336 - 01).

Diversamente da quanto detto dal ricorrente, risulta ininfluente il momento della materiale apprensione, dovendosi guardare alla possibilità che l'Amministratore restituisca le somme di cui si è indebitamente impossessato. Questa possibilità viene meno quando vengono dismessi i poteri di gestione attinenti all'amministratore di condominio.

Gli altri motivi di impugnazione e conseguente pronuncia della Suprema Corte non vengono riportati in quanto meramente processuali.

Sebbene la Corte abbia rigettato i motivi di impugnazione, la conclusione nel caso di specie sorprende perché si ha l'estinzione del reato per prescrizione.

Così si legge: "Il termine iniziale di decorrenza della prescrizione, per quanto già esposto, va fatto decorrere dal 30/10/2014, allorché, per effetto del Tribunale di Milano, interveniva la revoca giudiziale nei confronti dell'amministratore, odierno imputato.

Avendo riguardo alla pena edittale massima comminata per il rato di cui all'art. 64 cod.pen. (reclusione fino a tre anni), agli atti interruttivi e a quanto disposto dagli artt. 157 e 161 cod.pen., il tempo necessario per la maturazione della prescrizione è pari a sette anni e sei mesi, che vanno a scadere il 30/04/2022.

A ciò vanno aggiunti i giorni di sospensione del decorso della prescrizione, ossia 49 giorni (dal 2 maggio 2018 al 20 giugno 2018) per adesione del difensore all'astensione delle udienze; ulteriori 60 giorni, per legittimo impedimento del difensore.

Da ciò discende che i reati sono estinti per prescrizione dal 17/08/2022, il che implica l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata."


Conclusione

Come affermato ancor più di recente dalla Suprema Corte n. 33529 del 1 agosto 2023, nel caso di appropriazione indebita di somme di denaro relative a un condominio da parte dell'amministratore, il reato si consuma all'atto della cessazione della carica. Considerata la natura fungibile del denaro, fino al momento della cessazione dalla carica l'amministratore potrebbe reintegrare il condominio delle somme precedentemente disperse (Cass. pen., 15/01/2020, n. 19519). Questo principio si riferisce al caso in cui i fatti appropriativi diventavano noti al momento della cessazione della carica.

Ove le condotte appropriative si manifestano già prima di quel momento la situazione è diversa: in questo caso infatti il termine di prescrizione dell'appropriazione indebita decorre dal compimento di ogni singola condotta appropriativa, avendo riguardo alla natura istantanea del reato e alla conseguente ininfluenza del giorno in cui la persona offesa dal reato sia venuta conoscenza del fatto.

Il reato non viene meno se l'amministratore dice di aver trattenuto le somme per compensare propri preesistenti crediti, se siano crediti non certi, non liquidi e non esigibili. Per la Cassazione, l'amministratore che fa confluire sul proprio conto corrente personale somme di danaro dei conti condominiali risponde del reato di appropriazione indebita anche se i condomini non hanno subito pregiudizio economico (Cass. pen., 13/12/2019, n. 12618).

Sentenza
Scarica Cass. Pen. 17 maggio 2023 n. 33529
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