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Clausole del regolamento che impediscono la casa vacanza nel caseggiato: non sempre sono opponibili ai condomini

L'espansione delle strutture turistiche in ambito condominiale ha portato ad un aumento del contenzioso concernente la legittimità o meno di tali attività
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

È frequente che nel regolamento predisposto dal costruttore c.d. esterno vi siano norme di natura contrattuale che non consentano l'esercizio di determinate attività specificatamente menzionate e/o impediscano attività e comportamenti che comportino passaggi frequenti di estranei attraverso i beni comuni o che possano comunque turbare la tranquillità della collettività condominiale.

Queste clausole sono sempre opponibili solo ai condomini che hanno accettato il regolamento, mentre potrebbero non essere opponibili al terzo acquirente.

L'argomento è stato affrontato da una recente decisione della Corte di Appello di Napoli (sentenza n. 2137 del 14 maggio 2024).

Casa vacanze in condomino e mancanza di validi divieti nel regolamento. Fatto e decisione

Un condominio citava in giudizio i proprietari di una villa, facente parte di un complesso condominiale, accusandoli di aver trasformato il loro immobile in una c.d. casa vacanza, non compatibile con le abitudini ed esigenze di un condominio, con conseguenti disagi, inconvenienti e danni derivanti dalla compromissione della sicurezza, della tranquillità e del decoro della compagine condominiale.

Secondo il condominio l'apertura della casa vacanza aveva limitato anche l'utilizzo dei servizi comuni (in particolare delle zone relax, della piscina e dell'area parcheggio, nonché dei cancelli di ingresso).

L'attore riteneva che i convenuti avessero violato l'art. 6 del regolamento condominiale, riguardante "… l'obbligo dei condomini di fare uso della proprietà in conformità al carattere, alla destinazione ed alla natura dei vari edifici"; inoltre evidenziava come la nuova destinazione della villa non fosse stata mai autorizzata dall'assemblea dei condomini, nonostante l'art. 3 del regolamento prevedesse, ai fini del rilascio dell'autorizzazione per le attività extralberghiere, una delibera autorizzativa dell'assemblea condominiale; in ogni caso il condominio sosteneva che la nuova casa vacanza comportasse un aggravio dell'utilizzo dei beni comuni, in violazione dell'art. 1102 c.c. e dell'art. 1117 quater c.c. e, tenuto conto degli schiamazzi notturni e diurni da parte degli ospiti anche la violazione dell'art. 844 c.c. l'attore, perciò, chiedeva di accertare le dette violazioni, con conseguente condanna dei convenuti all'immediata cessazione dell'illegittima attività commerciale ad uso turistico-recettivo, nonché al risarcimento dei danni ex art. 2043 e 2051 c.c.; infine pretendeva la condanna dei condomini, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., al pagamento di una congrua penale pari ad € 250,00 giornalieri per ogni giorno di ritardo nell'attuazione dell'ordine del giudice nei loro confronti.

I convenuti negavano ogni addebito, facendo presente che avevano chiesto la Comune di potere affittare la villa a terzi per periodi limitati, attività che non comportava alcuna modifica della destinazione d'uso e, quindi, compatibile con disciplina per le attività extralberghiere del regolamento comunale; inoltre negavano disturbi alla quiete del parco da parte degli inquilini del loro immobile.

Del resto i convenuti notavano come il regolamento condominiale, nel prevedere delle limitazioni per i condomini, non stabilisse anche il divieto di locare le ville per periodi brevi.

A proposito dell'aggravio dell'utilizzo dei beni comuni, evidenziavano che i conduttori avevano diritto di utilizzare le strutture condominiali, come previsto espressamente dall'art. 7 lettera B) del regolamento, secondo cui i locatari e i loro familiari sarebbero stati ammessi ad usare gli impianti sportivi. Il Tribunale dava ragione ai convenuti che riteneva non avessero violato il regolamento, né limitato l'uso o il godimento dei beni comuni da parte degli altri condomini.

In particolare il decidente sosteneva che adibire un immobile posto nel condominio a casa vacanza non comportasse alcun mutamento di destinazione d'uso diversa da quella abitativa; in ogni caso non esisteva alcun espresso divieto del regolamento per l'attività esercitata dai convenuti. La Corte di Appello ha dato ancora ragione ai condomini, sottolineando come la locazione a terzi della villa dei convenuti, per alcuni periodi dell'anno, come casa vacanza, non abbia violato la generica previsione del regolamento di condominio (art. 6) di fare uso della proprietà in conformità della destinazione (abitativa) degli edifici.

A quanto sopra i giudici di secondo grado hanno aggiunto che il condominio non è riuscito a provare l'opponibilità ai convenuti/appellati delle limitazioni alla destinazione d'uso (abitativa) dell'immobile da essi acquistato.

La stessa Corte ha ritenuto insussistente la lamentata violazione dell'art. 1102 c.c. per non avere l'attore provato che gli ospiti della casa vacanza dei convenuti avessero in concreto limitato l'uso o il godimento dei beni comuni da parte degli altri condomini.

Considerazioni conclusive

La sentenza in commento aderisce alla tesi dominante in giurisprudenza che considera le clausole limitative del diritto di destinazione delle singole unità immobiliari rientranti nella categoria delle servitù (reciproche) atipiche (Trib. Pordenone 5 agosto 2022, n. 442); di conseguenza l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti (cioè quelli successivi al primo acquirente che ha acquistato direttamente dal costruttore-venditore) deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù, mediante l'indicazione, in apposita nota delle specifiche clausole che vietano determinate attività o pregiudizi, non essendo, invece, sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale contenuto nel rogito di acquisto.

In assenza di trascrizione, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono altrimenti soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto (Cass. civ., sez. II, 25/01/2024, n. 2403).

Sentenza
Scarica Corte di Appello di Napoli n. 2137 del 14/05/2024
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