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Contratto manutenzione dell'impianto di riscaldamento: la facoltà di recesso penalizzante solo per il condominio non va bene

È stata dichiarata la vessatorietà -e dunque la nullità - delle clausole che il condominio consumatore aveva contestato.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

L'opinione giurisprudenziale ancora prevalente configura il condominio quale "ente di gestione" sfornito di personalità giuridica e privo di autonomia patrimoniale, che opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti e limitatamente all'amministrazione ed al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino.

Tale l'impostazione porta a ritenere che la qualità di consumatore, spettante ai singoli condomini in quanto persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività esercitata, si estenda, automaticamente, anche al condominio.

Tale conclusione assume particolare rilevanza quando vengono prese in considerazione le clausole dei contratti stipulati dal condominio con un fornitore.

Si ricorda che, allo scopo di valutare la natura vessatoria o meno della clausola inserita in un contratto di cui sia parte un consumatore, occorre accertare se la stessa in base alla regola generale di cui all'art.33, 1 comma, Codice del Consumo (già art.1469 bis, primo comma, c.c.) "malgrado la buona fede", determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

In merito a tale problema si segnala una recente decisione del Tribunale di Roma che ha preso in esame un contratto stipulato da una compagine condominiale per la gestione del riscaldamento centralizzato (sentenza n. 9316 del 31 maggio 2024).

Contratto di manutenzione dell'impianto centralizzato e clausola vessatoria penalizzante per il condominio. Fatto e decisione

Un condominio stipulava un contratto biennale con una società che si obbligava alla manutenzione dell'impianto termico (con funzione di terzo responsabile), nonché all'erogazione dei beni e servizi necessari. L'art. 11 del contratto prevedeva la possibilità della società di recedere prima del termine del biennio o di esercitare la facoltà di rinnovo per un secondo biennio.

Avvalendosi della pattuizione di cui all'art. 11 del contratto, il terzo responsabile comunicava al condominio (a mezzo a/r) l'espressa volontà di rinnovare lo stesso per ulteriori due anni; tuttavia il condominio decideva di recedere dal rapporto contrattuale con la società.

Quest'ultima si rivolgeva al Tribunale sostenendo che, dopo la comunicata volontà di rinnovare il contratto, la lettera di disdetta era considerarsi inefficace per violazione del detto articolo 11 del contratto.

In ogni caso evidenziava, tra l'altro, che, ai sensi dell'art 7 e 11 del contratto inter-partes era previsto espressamente che nel caso di recesso del condominio, quest'ultimo avrebbe dovuto versare alla società - terzo responsabile - per ogni anno o frazione di anno di residua durata del contratto - "un importo pari al 27% del prezzo e del corrispettivo annuali di cui al precedente art. 3". L'attrice, perciò, pretendeva la condanna della convenuta al pagamento della penale contrattuale per l'indebita interruzione del contratto intervenuta successivamente alla sua manifestazione di volontà di proseguire il rapporto contrattuale.

Il condominio deduceva, tra l'altro, che le clausole contrattuali invocate dalla parte attrice erano nulle ai sensi dell'art. 36 del Codice del Consumo. Il Tribunale ha dato ragione al condominio.

Il giudicante ha messo in rilievo come l'art. 11 consenta all'attrice di rinnovare liberamente il contratto o di recedere dallo stesso senza alcuna motivazione, mentre il condominio possa recedere solo corrispondendo un importo significativo (il 27% dell'importo annuale per due anni), con evidente e non giustificato squilibrio contrattuale e trattamento di favore per la detta società.

Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato la clausola di cui all'art 11 del contratto nulla in quanto vessatoria ex art. 26 e 33 lett G) del Codice del Consumo.

Impianto centralizzato di riscaldamento: un caso particolare

Riflessioni conclusive

La clausola penale è di quella pattuizione che viene inserita in un contratto per tutelare la parte da eventuali inadempimenti, ritardi o recessi anticipati della controparte. Si ricorda che il diritto di recedere dal contratto da cui sorge la penale previsto a favore di ambo le parti del contratto non fa rientrare tale clausola tra quelle vessatorie (Trib. Salerno 22 aprile 2024, n. 2176).

Al contrario deve ritenersi vessatoria la clausola con la quale il consumatore rinuncia o subordina al pagamento di un costo eccessivo la facoltà di recesso, consentendo invece alla controparte un recesso sostanzialmente libero.

L'articolo 33 n. 1 del Codice del consumo considera vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto»; mentre al comma 2 lettera f) si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto o per effetto di imporre al consumatore in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo. Queste disposizioni si applicano anche la condominio -consumatore.

Nel caso esaminato, a fronte della possibilità della società di manutenzione dell'impianto centrale di recedere liberamente dal contratto, il condominio avrebbe potuto recedere solo a costo del pagamento di una penale pari al 27% del prezzo e del corrispettivo annuali. In tali casi il condominio consumatore può far dichiarare vessatoria una tale clausola.

La Corte di Giustizia sul punto ha infatti affermato che gli artt. 1 paragrafi 1 e 2 lett. b)Direttiva 93/13/Cee concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva (Corte di Giustizia UE sez. I, 02/04/2020, n. 329).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 31 maggio 2024 n. 9316
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