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Inadempimento del promissario acquirente al contratto preliminare di vendita immobiliare e forma dell'accordo di risoluzione per mutuo dissenso

Cosa succede se l'istituto di credito, per ragioni che esulano dalla presente indagine, non concede il prestito richiesto dalla parte intenzionata ad acquistare?
Avv. Nicolò Polacchini 

Quando si intende procedere all'acquisto di un immobile, pur non disponendo dell'intera somma necessaria, può capitare di stipulare il contratto preliminare di compravendita con la parte venditrice senza avere ancora ottenuto il rilascio, da parte dell'istituto di credito, del mutuo necessario per l'acquisto.

Cosa succede se l'istituto di credito, per ragioni che esulano dalla presente indagine, non concede il prestito richiesto dalla parte intenzionata ad acquistare?

Quale sorte per il contratto preliminare stipulato tra il promissario acquirente e il promittente la vendita?

Le questioni sono state affrontate dalla sentenza della Cassazione n. 18390 dell'8 giugno 2022.

Mancato ottenimento del mutuo dopo la stipula del contratto preliminare di compravendita: la vicenda

Il caso al vaglio della Corte di Cassazione nella ordinanza che si commenta, trae origine proprio dall'inadempimento di un soggetto - promissario acquirente - che, dopo la stipula del contratto preliminare, non poteva addivenire alla stipula del contratto definitivo di compravendita per il mancato ottenimento del mutuo.

Dalle premesse in fatto della pronuncia degli ermellini, si desume che il Tribunale in primo grado aveva dato ragione alla parte promittente la vendita, attribuendole l'acconto di Euro 20.000,00 versato dal promissario acquirente all'atto della stipula del preliminare.

In secondo grado, invece, la Corte di Appello di Cagliari ribalta la sentenza del Tribunale e condanna la parte venditrice a restituire al promissario acquirente l'acconto ricevuto.

La motivazione della Corte di Appello appare tuttavia manifestamente incongrua: secondo i giudici di appello, infatti, premessa la mancata stipula del contratto definitivo per inadempimento della parte interessata all'acquisto, poiché i promittenti la vendita non avevano manifestato interesse all'esecuzione del contratto definitivo o alla richiesta di danni, si doveva ritenere il contratto preliminare risolto per mutuo dissenso, pur in assenza della forma scritta prevista.

Inadempimento al contratto preliminare di vendita immobiliare e risoluzione per mutuo dissenso: i principi fondamentali

La travagliata compravendita passata al vaglio prima del Tribunale di primo grado e poi della Corte di appello, offre lo spunto per tratteggiare gli istituti dell'inadempimento al contratto preliminare di vendita immobiliare e della risoluzione per mutuo dissenso.

Ricordiamo innanzitutto che il contratto preliminare di compravendita (in maniera impropria chiamato anche compromesso) obbliga entrambe le parti a stipulare entro un dato termine il contratto definitivo, ossia impegna una parte a vendere e l'altra a comprare e, quindi, a pagare il corrispettivo dovuto entro una data certa.

Il codice civile dedica all'istituto del contratto preliminare lo scarno testo dell'art. 1351, che recita: il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo.

Trattandosi di vendita di proprietà immobiliare, la forma richiesta dalla legge è quella scritta, per cui anche il contratto preliminare di compravendita immobiliare deve rivestire la forma scritta; non si potrebbe, dunque - per assurdo - trasferire una proprietà immobiliare con un accordo verbale.

Ciò detto rispetto alla forma del contratto preliminare, passiamo ad esaminarne la sorte e i possibili rimedi per la parte promittente la vendita, qualora il promissario acquirente non stipuli il contratto definitivo e, quindi, non versi il corrispettivo.

Come regola generale, all'inadempimento di una parte, la parte adempiente può reagire chiedendo l'adempimento del contratto o la sua risoluzione, fatto sempre salvo il risarcimento del danno.

Nel nostro caso, la parte venditrice potrà chiedere, secondo le regole generali, l'adempimento all'obbligo di concludere il contratto definitivo e, qualora il compratore persista nel non ottemperare all'impegno, potrà chiedere la risoluzione del contratto preliminare, con risarcimento del danno che potrà essere commisurato alla incommerciabilità del bene immobile durante l'attesa per la stipula del definitivo, fino alla data della domanda di risoluzione (cfr. Cass. civ., n°13630/2001).

In tema di contratto preliminare di compravendita di immobili, un rimedio particolarmente efficace per la parte adempiente è quello previsto dall'art. 2932 c.c., un particolare tipo di esecuzione forzata in forma specifica per i casi in cui chi è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione.

In questo caso, la parte non inadempiente, se ciò è possibile, può chiedere al giudice che pronunci una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto; nel caso di contratto preliminare di compravendita di immobili, quindi, una sentenza che trasferisca definitivamente la proprietà dell'immobile.

Ovviamente, la parte che agisce per ottenere il trasferimento della proprietà, dovrà versare il corrispettivo dovuto, o offrirlo nei modi stabiliti dalla legge.

Un ulteriore strumento di tutela per la parte non inadempiente, è quello di trascrivere il contratto preliminare nei pubblici registri immobiliari, facoltà introdotta dall'art. 2645 bis c.c. (a seguito della legge 28 febbraio 1997, n° 30).

Poniamo infatti che la parte alienante, nonostante la stipula di un contratto preliminare con la parte interessata all'acquisto, decida in seguito di vendere l'immobile a terzi, perché allettata da un prezzo offerto più alto; se il successivo contratto di compravendita con il terzo venisse trascritto nei pubblici registri, il promissario acquirente pregiudicato non potrebbe più utilmente agire per ottenere la proprietà dell'immobile, ma solo il risarcimento del danno, oltre alla restituzione di quanto eventualmente versato in acconto.

Questo perché la trascrizione di una compravendita di un bene immobile, rende quel passaggio di proprietà opponibile a terzi: ciò significa che chi ha fatto trascrivere per primo il titolo costitutivo del proprio diritto è preferito rispetto a colui che non ha trascritto il proprio titolo di acquisto o che lo ha fatto successivamente.

Riassumendo, possiamo definire la trascrizione una forma di pubblicità che serve a dirimere i conflitti tra due o più persone che hanno acquistato un medesimo diritto dallo stesso titolare.

Va infine ricordato che, chi si trova a dover fare una proposta di acquisto di immobile non avendo ancora ottenuto il finanziamento dal proprio istituto di credito, potrà sottoporre l'efficacia della proposta alla condizione (sospensiva) dell'ottenimento del mutuo; cosicché, qualora il mutuo non venisse erogato, l'efficacia della proposta decadrebbe ab origine senza conseguenze pregiudizievoli per il proponente.

Infine, si ritiene utile fare un cenno ad un ulteriore mezzo di tutela per contrastare l'inadempimento della controparte, ossia la richiesta del versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria, per gli effetti di cui all'art. 1385 c.c..

Solitamente, all'atto della stipula del contratto preliminare, la parte interessata all'acquisto versa alla parte venditrice un acconto sul corrispettivo totale: questo versamento può essere qualificato come caparra confirmatoria, oppure come pagamento parziale e anticipato sul corrispettivo totale della vendita (c.d. acconto).

È noto che la somma versata a titolo di caparra confirmatoria, nel caso di inadempimento della parte che l'ha versata, potrà essere trattenuta dalla parte che l'ha ricevuta, come misura convenzionale del danno.

In sostanza, la parte che subisce l'inadempimento dell'altra, non dovrà dimostrare l'entità del danno subito, ma potrà semplicemente trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra.

La caparra confirmatoria assicura, dunque, alla parte non inadempiente, uno strumento preventivo di tutela a fronte dell'inadempimento della controparte contrattuale, che si articola in un duplice vantaggio: tramite l'esercizio del diritto di recesso, consente alla parte adempiente di sciogliersi rapidamente da un vincolo ormai inutile, garantendogli però di potere trattenere la somma ricevuta, quale misura convenzionalmente stabilita di danno, senza dovere intraprendere un percorso giudiziario per provare la misura del danno eventualmente subito.

Circa la risoluzione del contratto per mutuo dissenso, il fondamento di tale istituto si rinviene nell'art. 1372 c.c., rubricato "Efficacia del contratto", ove si stabilisce, per quanto interessa, che il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso (o mutuo dissenso, come viene chiamato dalla giurisprudenza).

In sostanza, si dice che così come il contratto si conclude per accordo tra le parti, sempre con l'accordo delle parti il vincolo può essere sciolto.

Questo accordo c.d. risolutorio, avente efficacia uguale e contraria a quello originario, produce l'effetto di far venire meno gli obblighi nascenti dal contratto che scioglie.

Sotto questo profilo, tuttavia, se il contratto che si vuole risolvere ha forma scritta, anche l'accordo per la sua risoluzione deve rivestire la medesima forma.

Qualora invece il contratto che si vuole risolvere, non rivesta la forma scritta, il suo scioglimento potrà avvenire anche per fatti concludenti, ossia sulla base della volontà delle parti, desumibile dal loro comportamento successivo alla stipula del contratto.

La decisione della Cassazione

Tornando al caso oggetto dell'ordinanza della Corte di cassazione che si commenta, i ricorrenti - promittenti la vendita - rimproveravano alla Corte di Appello di avere dichiarato lo scioglimento del contratto preliminare per mutuo dissenso, in assenza di un accordo scritto.

La Suprema Corte accoglie la doglianza dei ricorrenti, sulla base dell'orientamento costante secondo cui la risoluzione consensuale di un contratto preliminare avente ad oggetto il trasferimento di un immobile, deve rivestire la forma scritta.

I giudici di legittimità esaminano poi il ricorso incidentale circa l'ulteriore doglianza che riguardava l'omessa valutazione della produzione nel giudizio di appello della nota di trascrizione relativa alla successiva vendita a terzi dell'immobile oggetto del contratto preliminare, come dimostrazione della volontà dei venditori di accettare lo scioglimento del contratto preliminare.

Tralasciando le considerazioni di natura processuale sulla indispensabilità della prova da ammettersi in appello, i giudici dichiarano infondato il motivo di ricorso, sulla scorta della illustrata motivazione riguardo la forma scritta che deve rivestire l'accordo sullo scioglimento del contratto preliminare per mutuo consenso.

A riguardo, afferma la corte, una vendita a terzi estranei al giudizio non può sopperire alla carenza della forma scritta del presunto accordo risolutorio per mutuo consenso.

Sentenza
Scarica Cass. 8 giugno 2022 n. 18390
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