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L'assemblea condominiale non può risarcire i danni

Non rientra tra i poteri dell'assemblea quello di attribuire un certo importo a favore di uno dei condòmini a titolo di risarcimento per i pretesi danni subiti.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 3246 del 21 marzo 2024, decidendo su una richiesta di danni per infiltrazioni d'acqua provenienti dalle parti comuni, ha ricordato che l'assemblea condominiale non può pagare il risarcimento a favore di uno dei condòmini, trattandosi di potere che esorbita dalle ordinarie attribuzioni del consesso. Procediamo con ordine.

Delibera di liquidazione del danno: fatto e decisione

Un condomino agiva in giudizio per accertare e dichiarare l'esclusiva responsabilità del condominio per gli allagamenti verificatisi nella sua unità immobiliare.

Il giudice meneghino, con la sentenza n. 3246 del 21 marzo 2024 in commento, rigettava la domanda risarcitoria atteso che, a seguito di sopralluogo effettuato dal Consulente tecnico d'ufficio, era emerso che l'allagamento dell'unità immobiliare dell'attore non era dipeso dall'incuria del condominio bensì dalla conduttura comunale incapace di convogliare la totalità delle acque che riceveva.

Il Tribunale di Milano riteneva quindi dimostrato il caso fortuito idoneo - ex art. 2051 c.c. - a escludere la responsabilità del custode.

Ad ogni buon conto, ciò che qui rileva è l'eccezione preliminare sollevata dal condominio convenuto, secondo il quale la domanda era da ritenersi inammissibile per non aver l'attore impugnato la deliberazione che aveva approvato la liquidazione - a favore dell'attore - di un importo a titolo di risarcimento del danno.

Secondo la compagine, dunque, l'attore non aveva ragione di dolersi in sede giudiziaria, atteso che la sua pretesa risarcitoria era già stata soddisfatta in via bonaria dal consesso assembleare.

Secondo il giudice meneghino l'eccezione preliminare è infondata.

Le attribuzioni dell'assemblea sono infatti circoscritte alla verificazione ed applicazione in concreto dei criteri - legali o convenzionali - di ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, nonché per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, oltre che per le legittime innovazioni deliberate dalla maggioranza.

Esula quindi dalle attribuzioni dell'assemblea il potere di imputare, con l'efficacia vincolante propria della deliberazione assembleare, al singolo condomino una determinata spesa pretesamene individuale, ovvero una somma a saldo di importi elargiti a titolo di risarcimento, non potendosi ravvisare una sorta di autotutela dell'ente collettivo privilegiata rispetto alla posizione del normale creditore\debitore, a pena di nullità della deliberazione.

Ciò posto, nel caso in esame, dalla documentazione in atti emergeva che l'assemblea aveva ritenuto di liquidare una certa somma a titolo di risarcimento, ma non vi era prova che tale importo fosse stato accettato a saldo di ogni pretesa attorea, ovvero che fosse intervenuta una transazione novativa tra le parti, atteso che il condomino che subisca, nella propria unità immobiliare, un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comuni di un edificio, ai sensi degli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., assume, quale danneggiato, la posizione di terzo nei confronti del condòmini.

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Risarcimento liquidato dall'assemblea: considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Milano sembra porsi nel solco tracciato dalla precedente giurisprudenza.

Ad esempio, la Corte di Cassazione (30 aprile 2013, n. 10196) ha stabilito che la deliberazione condominiale che preveda - a maggioranza - interessi di mora sugli oneri condominiali è nulla se non è approvata all'unanimità.

Una simile previsione non rientra infatti nei poteri dell'assemblea ma può essere inserita soltanto in un regolamento contrattuale, approvato all'unanimità.

La nullità si trasmette inoltre alle successive delibere nella parte in cui applicano il medesimo tasso di mora in sede di ripartizione degli oneri tra i consorziati per ciascun anno.

Allo stesso modo, con un'altra pronuncia la Corte di Cassazione (22 luglio 1999, n. 7890) ha sancito la nullità della delibera di addebito al singolo condomino del costo di una perdita idrica.

Fino a quando, infatti, l'obbligo risarcitorio non risulti accertato (il che si verifica, appunto, per effetto del riconoscimento dell'interessato o a seguito della pronunzia del giudice) l'assemblea non può disattendere l'ordinario criterio di ripartizione né disapplicare la tabella millesimale, ma è tenuta ad osservare la regola generale stabilita dall'art. 1123 c.c., secondo cui ogni addebito di spesa deve essere effettuato in base alla quota di partecipazione di ciascun condomino alla proprietà comune, e cioè in base ai millesimi.

Correttamente, dunque, il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 3246 del 21 marzo 2024 oggetto di commento, ha ritenuto infondata l'eccezione pregiudiziale sollevata dalla compagine: l'assemblea non può liquidare il danno a uno dei condòmini, a meno che non siano tutti d'accordo, cioè non sia raggiunta l'unanimità; altrimenti, la delibera deve ritenersi nulla perché esorbita dalle attribuzioni proprie del consesso (Sez. Un., 14 aprile 2021, n. 9839).

Sentenza
Scarica Trib. Milano 21 marzo 2024 n. 3246
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