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Lavori in casa eseguiti non a regola d'arte da ditte diverse: chi paga i danni al proprietario, la prima impresa o la seconda?

Non è raro che i lavori vengano eseguiti da ditte diverse che in presenza di vizi delle opere realizzate si accusano reciprocamente.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Il proprietario di un appartamento incaricava una ditta di ristrutturare il proprio immobile. Successivamente, decideva di pavimentare il portico con un pavimento in marmo abbellito da un rosone in mosaico.

Il proprietario acquistava i materiali (collante e pavimentazione) ed appaltava la messa in opera ad altra impresa.

Dopo un mese dall'ultimazione dei lavori, però, la pavimentazione cominciava a macchiarsi in più parti e ad ingiallirsi a macchia d'olio ed il rosone cominciava a scollarsi, sollevarsi e rovinarsi ai margini. Chi avrebbe dovuto verificare la presenza di una valida impermeabilizzazione del sottofondo? La ditta che aveva realizzato le opere di ristrutturazione o quella, intervenuta in seconda battuta, che è stata incaricata di posare la pavimentazione? La questione è stata affrontata dalla Corte di Appello di Napoli nella sentenza del 1 dicembre 2023 n. 5107.

Lavori non a regola d'arte di ditte diverse: chi paga i danni? Fatto e decisione

Il proprietario dell'abitazione chiedeva alla ditta che aveva realizzato la pavimentazione di intervenire per risolvere il problema.

In mancanza di risposte, il titolare dell'immobile avviava la procedura per l'ATP (accertamento tecnico preventivo) chiedendo al tecnico di voler accertare le cause del problema.

Il CTU sosteneva che la presenza di macchie sul marmo e il distacco dei rosoni erano stati causati dall'umidità da risalita conseguente alla mancata realizzazione di un vespaio tra il masso di sottofondo e quello delle pendenze; inoltre notava che il fenomeno delle striature probabilmente era dovuto all'impiego di collante non idrorepellente; infine osservava che il ristagno dell'acqua probabilmente era dovuto o al livellamento del massetto di pendenze realizzato dalla ditta o dalla non corretta, messa in opera della pavimentazione in fase di posa. Evidenziava che la ditta esecutrice della pavimentazione avrebbe dovuto segnalare questi inconvenienti al direttore dei lavori o alla committenza.

Alla luce di quanto sopra il proprietario citava in giudizio l'appaltatore chiedendo che venisse condannato alla corretta esecuzione dell'opera ovvero al risarcimento del danno quantificato in euro 21.000, oltre al risarcimento dei danni morali e materiali.

La ditta che aveva realizzato la pavimentazione si difendeva, evidenziando che i lavori di ristrutturazione di tutto l'immobile erano stati realizzati dalla altra impresa e sotto la direzione di un direttore lavori, il quale aveva supervisionato anche la fase di realizzazione del massetto; di conseguenza la ditta convenuta sosteneva che responsabili dei danni erano, a suo parere, l'impresa esecutrice delle opere di ristrutturazione e la Direzione Lavori.

In ogni caso chiedeva di essere autorizzata ad effettuare la chiamata in causa del Direttore Lavori che, ovviamente, intervenuto in giudizio, contestava le proprie responsabilità.

Il Tribunale condannava la società convenuta alla corretta esecuzione, in favore dell'attore, delle opere, nonché al pagamento delle spese di lite sostenute dall'attore, delle spese di lite sostenute dal terzo chiamato e delle spese di consulenza relative alla fase di ATP. La ditta condannata - che si rivolgeva alla Corte di Appello - sottolineava che l'ATP si era limitata ad indicare la fonte del danno (umidità da risalita) senza aver addebitato l'evento alla esclusiva responsabilità della ditta esecutrice dei lavori di pavimentazione. Riteneva di essere esente da responsabilità in quanto l'isolamento del massetto era stato eseguito da altra ditta, sotto la supervisione della D.L.

Del resto notava che il Tribunale avrebbe dovuto chiarire in che modo, tecnicamente, avrebbe potuto accorgersi che l'isolamento sottostante non era stato realizzato a regola d'arte, dal momento che quando è intervenuta sul cantiere c'era già un massetto di cemento a coprire il sottofondo.

In ogni caso, chiedeva che la responsabilità (e il risarcimento del danno) venisse ripartito tra tutti i soggetti coinvolti in relazione alle responsabilità di ciascuno. La Corte di Appello ha confermato la responsabilità della ditta che aveva posato la pavimentazione.

La ditta, secondo il giudice di secondo grado, avrebbe dovuto realizzare le opere a regola d'arte e, quindi, non solo avrebbe dovuto rilevare l'assenza del vespaio ma anche la non idoneità dei materiali forniti dal proprietario (la responsabilità della ditta appellante non è stata esclusa dalla mera circostanza che il collante impiegato era stato fornito dal medesimo committente).

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Considerazioni conclusive

La diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c., che impone all'appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l'opera a regola d'arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata, evitando possibili danni, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui (Cass. civ., Sez. II, 02/02/2016, n. 1981).

In altre parole se il committente ha predisposto il progetto e ha fornito le indicazioni per la sua realizzazione, l'appaltatore risponde dei vizi dell'opera se, eseguendo fedelmente il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione.

Al contrario è esente da responsabilità ove il committente, informato di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l'appaltatore a proprio mero "nudus minister", direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico (Cass. civ., sez. II, 22/06/2021, n.17819).

Applicando questi principi al caso esaminato si può affermare che la ditta condannata aveva l'obbligo di avvisare il proprietario della mancata impermeabilizzazione del sottofondo e della inadeguatezza del collante fornito (che non era idoneo a contrastare l'umidità da risalita).

In altre parole la verifica delle condizioni di umidità del massetto su cui andava posata la pavimentazione rientrava nella competenza tecnica della ditta tenuta alla preparazione del piano di posa per l'installazione della pavimentazione.

In ogni caso la ditta posatrice, condannata in primo e secondo grado, non ha fornito prove per sostenere la responsabilità del Direttore Lavori.

Sentenza
Scarica App. Napoli 1 dicembre 2023 n. 5107
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