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Non è sempre invalida la delibera che modifica i criteri di ripartizione della spesa

La Corte di Cassazione delinea una sorta di vademecum sul tema della impugnazione della delibera assembleare che modifica i criteri di ripartizione della spesa.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Il fatto. Un'assemblea dei condòmini di un edificio approva il rendiconto presentato dall'amministratore e con tale statuizione viene così avallata la contabilità relativa alle spese di riscaldamento del fabbricato condominiale sostenute durante l'anno di gestione.

Tizio, non presente all'assemblea, decide di impugnare la predetta statuizione, affermandone l'illegittimità.

Questi si duole, in particolare, della violazione dei criteri di ripartizione delle spese relative al funzionamento dell'impianto di riscaldamento, in quanto, a suo dire, le stesse sono state ripartite in violazione dei criteri di legge, ovvero di quelli previsti dal regolamento condominiale.

Conclude la propria azione di impugnazione della delibera chiedendola restituzione degli importi, eventualmente, versati in eccedenza.

In primo e in secondo grado, la domanda di invalidazione del deliberato non trova alcun accoglimento. Tizio decide allora di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

La Sentenza. Il "casus belli" viene deciso dai giudici di legittimità con la Sentenza nr 11289 del 2018 - Giudice relatore Falaschi Milena - pubblicata in data 10 maggio 2018, la quale esprime dei principi fondamentali in tema di impugnazione della delibera assembleare avente ad oggetto l'approvazione del rendiconto, ovvero la ratifica dei piani di riparto delle spese disposti in pendenza dell'esercizio finanziario.

Il primo assunto reso riguarda la differente natura del vizio in grado di inficiare una delibera assembleare a seconda se l'assemblea decida di modificare un criterio di ripartizione delle spese stabilito ex lege, ovvero disponga in violazione di esso.

La Corte di Cassazione, al riguardo, ha precisato che le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle se l'assemblea esulando dalle proprie attribuzioni, modifica i criteri di riparto stabiliti dalla legge (o in via convenzionale da tutti i condòmini), mentre sono annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano violati o disattesi (in punto viene richiamata in Sentenza, la pronuncia resa dalle Sezioni Unite nr 4806 del 2005).

Niente addebiti personali nel rendiconto condominiale

In particolare, partendo dal rilievo che le attribuzioni all'assemblea ex art. 1135 Codice civile sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi - atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca(cfr.

Cassazione 9.8.1996, n. 7359; 15.3.1995, n. 3042; 3.5.1993, n. 5125; 19.11.1992, n. 12375) - la Corte di Cassazione ha affermato la nullità della delibera che modifichi i suddetti criteri di spesa sia nell'ipotesi di individuazione dei criteri di ripartizione ai sensi dell'art. 1123 Codice civile, sia nell'ipotesi di cambiamento dei criteri già fissati in precedenza.

Nondimeno, la stessa Corte di Cassazione ha riconosciuto l'annullabilità della delibera nel caso di violazione dei criteri già stabiliti quando vengono in concreto ripartite le spese medesime (Cassazione 9.2.1995, n. 1455; 8.6.1993, n. 6403; 1.2.1993 n. 1213).

Il secondo principio espresso è ancora più netto e dirompente, laddove impone, a monte, una valutazione preliminare sullo stesso diritto (o meglio, "interesse") di agire da parte del condòmino che intenda impugnare una simile statuizione.

E' stato, al riguardo, affermato che il condomino, il quale intenda proporre l'impugnativa di una delibera dell'assemblea, per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi "interesse".

Ora, in che modo si sostanzia l'interesse ad agire in tema di impugnazione della delibera assembleare, ce lo dicono gli stessi giudici di legittimità, laddove affermano che: "tale interesse, che presuppone la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, si concretizza in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale" (cfr.Cass. n. 7128 del 2017; Cass. n. 15377del 2000).

Ripartire le spese condominiali secondo i criteri di leggi o le decisioni dei condomini

Conclusione. La Corte di Cassazione con la sentenza in commento sembra delineare una sorte di vademecum sul tema della impugnazione della delibera assembleare in materia di ripartizione della spesa.

Ebbene: secondo i giudici di legittimità va, da una parte, declinata la natura del vizio (che non sempre porta alla conclusione per cui la violazione dei criteri di riparto conduce alla nullità della statuizione) e, dall'altra parte, indagato l'esatto pregiudizio manifestato dal ricorrente, così da valutare l'accoglibilità o meno dell'azione.

Insomma, intraprendere un'azione ex articolo 1137 codice civile, in punto di violazione dei criteri di riparto spese, non è poi così semplice come potrebbe apparire.

In altri termini, non basta la semplice violazione del criterio di ripartizione della spesa per poter affermare che una delibera effettivamente sia da ritenere invalida.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione 11289del10maggio2018
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