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No al dehors che ostacola la normale vivibilità del condominio

Il Comune può negare il provvedimento di occupazione di suolo pubblico che compromette la vita condominiale.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Per dehors dobbiamo intendere quello spazio esterno ad un pubblico esercizio come un bar, un ristorante o un negozio, diventato particolarmente utile nel periodo pandemico, per permettere di ospitare i clienti all'esterno del locale chiuso ma al riparo dalle intemperie.

Si ricorda che è necessario un titolo edilizio per installare dehors, verande attrezzate, chioschi, gazebi e altri manufatti stabilmente destinati ad estensione dell'attività di pubblici esercizi: si tratta, infatti, di strutture che comportano una consistente trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e non possono essere considerate precarie.

In considerazione di quanto sopra le occupazioni di suolo pubblico mediante la posa di tali dehors sono caratterizzate da una maggiore incidenza ed invasività delle medesime sul territorio.

Diventa quindi importante evitare che tali strutture arrivino a provocare la sottrazione del bene pubblico all'uso collettivo.

La questione è stata affrontata dal Tar Lombardia nella recente sentenza n. 1457 del 12 giugno 2023.

No al dehors che ostacola la normale vivibilità del condominio. Fatto e decisione

Una società, titolare di un esercizio commerciale di ristorazione, otteneva dal Comune l'autorizzazione per l'occupazione permanente del suolo pubblico per una superficie di mq 36,87 per la posa di tavoli e sedie al servizio dell'esercizio commerciale.

In seguito otteneva altra autorizzazione per l'occupazione permanete in sanatoria del suolo pubblico per una superficie di mq 81, sempre per la posa di tavoli e sedie al servizio dell'esercizio commerciale.

A seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il Comune autorizzava la predetta società all'occupazione di suolo pubblico davanti ad un condomino per una superficie ulteriore di mq 13,50.

Successivamente il Comune comunicava alla società che l'ultima autorizzazione di suolo pubblico antistante il condominio e rilasciata nel periodo emergenziale, era cessata.

In ogni caso, l'autorità comunale, anche a seguito alle segnalazioni ricevute dai condomini, faceva presente che era necessario presentare una nuova richiesta di occupazione del suolo pubblico, garantendo un passaggio carraio del calibro minimo di mt. 2,90. La società formulava al Comune una nuova richiesta di occupazione permanente di suolo pubblico ma questa volta per una superficie di mq 118, riguardante non solo il tratto antistante il fabbricato ove era svolta l'attività di ristorazione, ma anche quello antistante l'intero fronte del condomino.

Il Comune respingeva l'istanza e la società impugnava il diniego avanti al Tar: secondo la società ricorrente infatti l'amministrazione non aveva condotto una concreta istruttoria, limitandosi a citare le lamentele dei condomini.

Il Tar ha dato ragione al Comune. I giudici amministrativi hanno rilevato che la sottrazione del bene pubblico all'uso collettivo in favore dell'uso privato, mediante il provvedimento di concessione del bene, deve essere giustificata dal perseguimento di un preminente interesse pubblico per l'ente.

In altre parole il provvedimento di autorizzazione all'occupazione di suolo pubblico ha natura discrezionale in quanto l'amministrazione è tenuta a verificare che la concessione avvenga nel perseguimento di un preminente pubblico interesse e che non si risolva nella lesione di altri pubblici interessi, al di là della comparazione tra l'interesse pubblico perseguito e quello privato.

Come ha notato lo stesso Tar, nel bilanciamento fra i contrapposti interessi coinvolti nel procedimento, l'amministrazione ha dato giustamente prevalenza all'interesse dei condomini al piano terra del caseggiato (troppo vicini al dehors), evitando di non ostacolare il libero accesso dei mezzi di soccorso al palazzo o l'accesso ai box condominiali e tenendo in debito conto l'ampia porzione di area pubblica già concessa in occupazione alla società.

Bar, sedie e tavolini nel cortile condominiale.

Considerazioni conclusive

Tutti i manufatti funzionali a soddisfare esigenze permanenti, aventi dimensioni non trascurabili, necessitano del titolo abilitativo edilizio, in quanto risultano idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale, la rimovibilità e l'assenza di opere murarie, trattandosi di strutture deputate ad un uso perdurante nel tempo (e di un'autorizzazione paesaggistica se installate in area vincolata).

Nel periodo del Covid, il Legislatore attraverso l'articolo 9-ter, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176) aveva introdotto una semplificazione in materia di permessi per l'installazione di strutture amovibili (dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni). La semplificazione autorizzativa, grazie al Decreto Milleproroghe 2023, è stata prorogata fino al 30 dicembre 2023. In ogni caso è possibile inquadrare i dehors in edilizia libera, a condizione che sussista un requisito funzionale, consistente nella finalizzazione alle esigenze dell'attività, che devono tuttavia essere "contingenti e temporanee", intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso (cioè quale che ne sia la "contingenza" determinante), non superano comunque i centottanta giorni (termine che, è bene ribadirlo, deve comprendere anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l'uso effettivo ad un periodo inferiore ai 180 giorni come da art. 6, comma 1, lett. e-bis), del DPR 380/2001); inoltre deve essere considerato anche il requisito strutturale, cioè l'avvenuta realizzazione della struttura con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l'esigenza funzionale (C. d. S. 13 febbraio 2023 n. 1489).

Sentenza
Scarica Tar Lombardia 12 giugno 2023 n. 1457
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