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Opposizione a decreto ingiuntivo condominiale e domanda riconvenzionale dell'opponente

Il condomino, al quale sia stato ingiunto di pagare oneri non versati al condominio, non può chiedere che il suo debito sia compensato con un suo eventuale credito vantato nei confronti dell'ente e tutto da dimostrare.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il fondamento perché il condominio ottenga un decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, nei confronti di un condomino inadempiente è determinato dal combinato disposto degli artt. 63 disp. att. c.c. e 633 e ss. c.c. Quanto a quest'ultima norma si parla comunemente di credito certo, liquido ed esigibile e tali caratteristiche si riconoscono dalla documentazione che l'amministratore del condominio deve depositare agli atti se vuole ottenere l'ingiunzione di pagamento.

Una volta che il condomino ingiunto abbia proposto opposizione al decreto in questione, egli potrà sempre contrapporre in tale sede una domanda riconvenzionale che, per essere accolta, deve tuttavia rispondere a determinate caratteristiche, di recente evidenziate in una sentenza di merito che richiama consolidati orientamenti giurisprudenziali.

Inammissibile la domanda riconvenzionale avanzata in sede di opposizione al decreto ingiuntivo. Fatto e decisione

Il Tribunale di Velletri, con sentenza n. 400 depositata in data 21 febbraio 2024, ha rigettato l'opposizione al decreto ingiuntivo proposta da una condomina nei confronti del condominio, così come ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalla medesima per il riconoscimento, in suo favore, di una somma avente ad oggetto asseriti danni subiti nel proprio appartamento e riconducibili a fenomeni infiltrativi provenienti da parti condominiali.

Le contestazioni dell'attrice in opposizione si fondavano, quanto alla domanda avanzata in sede monitoria dal Condominio, sulla mancanza di riscontro documentale. Tali doglianze sono state disattese dal Tribunale, il quale ha accertato che il convenuto aveva assolto all'onere probatorio sullo stesso gravante, avendo depositato in atti: i bilanci, consuntivo e preventivo della gestione condominiale, relativi agli anni nei quali si erano verificati i mancati pagamenti da parte della condomina; i relativi piani di riparto ed il verbale assembleare con i quali erano stati approvati entrambi i bilanci richiamati.

Mentre l'opponente non aveva fornito elementi idonei a contestare nello specifico i conteggi relativi alla sua posizione debitoria nei confronti del condominio, così come non aveva dimostrato l'avvenuto pagamento delle somme oggetto di ingiunzione di pagamento.

Sul punto il giudicante si è mosso sulla costante linea tracciata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 16 luglio 2019, n. 19039; Cass. 4 ottobre 2011, n. 20288; Cass. 9 gennaio 2007, n. 205) la quale ha affermato che: "Il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca.

Ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico".

Con particolare riferimento alla materia condominiale, quindi, l'onere probatorio posto a carico del condominio si ritiene soddisfatto se l'amministratore produce in giudizio il verbale assembleare, che rappresenta il titolo posto a fondamento del proprio credito, accompagnato dagli ulteriori documenti ad esso collegati (Cass. 29 agosto 1994, n. 7569).

Sul fronte della domanda riconvenzionale, invece, l'anello mancante della catena è stato individuato nel difetto del "collegamento obiettivo", che porta alla trattazione congiunta di domande attinenti ai diversi titoli dedotti in giudizio.

Anche in questo caso il Tribunale ha fatto corretto uso del consolidato orientamento giurisprudenziale. Infatti, il giudicante, premessa ex art. 36 c.p.c. la sua competenza a conoscere sia della causa principale (nella specie: opposizione a decreto ingiuntivo) che delle domande riconvenzionali che dipendano dal titolo dedotto in giudizio (ivi: riconvenzionale avente ad oggetto un risarcimento dei danni patiti da beni comuni) si è trovato necessariamente, sulla scia della precedente giurisprudenza, a dover fare una precisazione.

Se è vero che la relazione tra domanda principale e domanda riconvenzionale non deve essere interpretata in senso restrittivo (ovvero che entrambe dipendano da un unico e identico titolo), essendo sufficiente, che "fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento obiettivo, tale da rendere consigliabile ed opportuna la celebrazione del simultaneus processus", ai fini di economia processuale" (Cass. Sez. Un. 18 maggio 1994, n. 4837), è altrettanto vero che "… la trattazione simultanea delle due cause [possibile, ovviamente, ove la domanda riconvenzionale non ecceda quella, per materia e competenza per valore, propria del giudice adito] deve essere intesa come comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti" (Cass. 10 settembre 1999, n. 9656).

Tali principi di carattere generale non hanno trovato corrispondenza nel caso di specie per insussistenza di identità di titolo ed oggetto delle domande: mancato pagamento di oneri condominiali, da un lato, ed asserita condotta illecita del condominio quanto alla riconvenzionale risarcitoria avanzata dal condomino, dall'altro lato.

Descrizione: Pagamento oneri condominiali insoluti: la delibera quale prova delle obbligazioni assunte dalle parti.

Considerazioni conclusive

Un aspetto interessante del rapporto tra la domanda di revoca del decreto ingiuntivo in sede di opposizione e la contestuale domanda riconvenzionale e che va oltre la questione di contrapposizione di un dare/avere tra Condominio e condomino, riguarda la richiesta - sempre avanzata in questo contesto - di annullamento della delibera assembleare sulla quale si è fondato il decreto ingiuntivo ottenuto dal primo nei confronti del secondo.

Il tema è stato al centro di un acceso dibattito giurisprudenziale, là dove una tesi maggioritaria non riconosceva al giudice della fase di opposizione la discrezionalità per valutare la validità o meno della delibera assembleare, dal momento che per questo l'art. 1137 c.c. prevede un procedimento ad hoc strettamente limitato nei tempi di attivazione. A latere si era formato un orientamento contrario e decisamente minoritario.

Il contrasto è stato composta da una provvidenziale sentenza della Corte di Cassazione che, a Sezioni Unite (sent. n. 9839/2021), con grande equilibrio ha affermato che "nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento" La sentenza della Cassazione, quindi, ha delineato la profonda distinzione tra l'eccezione e la domanda riconvenzionale, di cui solo la seconda è finalizzata ad ottenere un risultato concreto ed ulteriore rispetto al rigetto della domanda avversaria.

Il caso degli effetti che possano scaturire da una delibera assembleare illegittima sul conseguente decreto ingiuntivo ovviamente esula dal contesto qui disegnato e che ha visto il Tribunale di Velletri dichiarare l'inammissibilità della domanda riconvenzionale.

Rispetto a questa, a corollario di quanto espresso nella sentenza, si può evidenziare come la stessa fosse del tutto priva di certezza, avendo il condomino demandato al giudice il compito di accertare la responsabilità del condominio nella causazione di determinati fenomeni, mentre con riferimento all'importo richiesto in sede riconvenzionale la somma indicata era stata, altresì, oggetto di una valutazione e liquidazione affidata, seppur in via subordinata, all'apprezzamento del Tribunale stesso.

Per concludere, quindi, se il Condominio aveva agito secondo i canoni richiesti per l'ottenimento del decreto ingiuntivo, la domanda riconvenzionale si discostava del tutto dai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità mettendo in rilievo la distanza ed estraneità dei rispettivi titoli delle due domande.

Sentenza
Scarica Trib. Velletri 21 febbraio 2024 n. 400
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