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Spese condominiali durante il pignoramento: come recuperarle?

Riscossione dei crediti condominiali che maturano durante lo svolgimento di una procedura di esecuzione forzata su un immobile pignorato che fa parte dell'edificio.
Avv. Mariano Acquaviva 

L'art. 63 disp. att. c.c. disciplina la procedura di recupero coattivo del credito nei confronti dei condòmini morosi, prevedendo una serie di disposizioni così sintetizzabili:

  1. in presenza di un piano di riparto delle spese regolarmente approvato dall'assemblea, la compagine può avvalersi del prezioso strumento del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nonostante l'opposizione;
  2. l'amministratore è tenuto a comunicare ai creditori del condominio i nominativi dei morosi, affinché possa realizzarsi la preventiva escussione di questi ultimi a beneficio dei proprietari in regola con i pagamenti;
  3. in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato;
  4. chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente;
  5. chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

Queste regole, per quanto preziose, non si sono però sempre dimostrate realmente efficaci a tutelare le ragioni del condominio; in particolare, i maggiori problemi si sono riscontrati nella riscossione delle spese condominiali maturate durante lo svolgimento di una procedura di esecuzione forzata su un immobile pignorato che fa parte dell'edificio.

La solidarietà per spese maturate durante l'esecuzione

Quando l'unità immobiliare del condomino moroso viene sottoposta ad esecuzione forzata, sorge il problema della riscossione delle spese condominiali maturate durante lo svolgimento della procedura esecutiva (oltre a quelle arretrate eventualmente non pagate).

Il problema si pone tanto nel caso in cui la procedura venga azionata da un terzo creditore quanto nell'ipotesi in cui invece sia proprio il condominio a promuovere la riscossione forzosa di spese non versate dal condomino moroso.

In queste circostanze, accade spesso che dal momento in cui inizia l'esecuzione il condomino esecutato smetta di corrispondere la propria quota, facendo ricadere l'onere di anticipare quegli importi sugli altri condòmini, i quali devono accollarseli in attesa della conclusione della procedura esecutiva, senza peraltro avere neppure la certezza che al suo termine quelle anticipazioni potranno essere effettivamente recuperate.

L'insufficiente dei rimedi previsti dall'art. 63 disp. att. c.c. ha indotto alcuni parlamentari a presentare una proposta di legge (n. 1553 dell'11 novembre 2023) volta, tra le altre cose, a rafforzare la garanzia del condominio nel caso di subentro di un nuovo proprietario.

Nello specifico, la proposta suggerisce di estendere la responsabilità solidale di cui al quarto comma del summenzionato art. 63, prevedendo a carico di chi subentra nei diritti di un condomino l'obbligo solidale con questo «al pagamento di tutti i contributi maturati sino al momento del subentro», stabilendo altresì che «negli atti di trasferimento della proprietà deve essere fatta espressa menzione di questa norma».

La finalità della modifica normativa è quella di prevedere un'obbligazione solidale fra i condòmini e coloro che gli subentrano in relazione al pagamento non più dei soli contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente (come avviene ora), ma estesa a tutti i contributi maturati sino al momento del subentro, aggiungendo, per assicurare una maggior trasparenza, che questa previsione venga espressamente menzionata nel rogito.

Se venisse approvata questa proposta di legge, chi subentra al condomino moroso si troverebbe a dover ristorare la compagine di ogni spesa di amministrazione arretrata (e non solo quelle dell'ultimo biennio) relativa al periodo in cui perdura la procedura, salvo il suo diritto di rivalsa sul dante causa.

La prededuzione dei crediti condominiali

Ad ogni buon conto, nemmeno la proposta di legge sopra citata prevede l'introduzione di una vera ipotesi di prededuzione del credito che il condominio vanta verso il moroso per le spese di amministrazione eventualmente precedenti e per quelle che maturano durante la procedura di esecuzione forzata.

Tale rimedio sarebbe - con ogni probabilità - l'unico in grado a sterilizzare costi e rischi derivanti dalla procedura coattiva intrapresa contro il condomino moroso.

L'efficacia della responsabilità solidale prevista dall'art. 63, comma quarto, disp. att. cod. civ., infatti, viene spesso annullata dalla lunga attesa che accompagna la conclusione dell'esecuzione forzata.

Infatti, di solito la procedura coattiva richiede svariati anni prima di concludersi; durante il suo svolgimento gli altri condòmini sono costretti ad anticipare le spese di amministrazione che il condomino esecutato non versa, pur continuando ad utilizzare i servizi comuni fino a quando non deve rilasciare l'immobile oggetto dell'esecuzione.

Questa situazione non cambia a seconda che i creditori siano costituiti dal condominio stesso (che agisce proprio per ottenere il pagamento delle spese di amministrazione oppure di altre somme comunque ad esso spettanti) oppure, come avviene più di frequente, dall'istituto bancario che ha erogato un mutuo e che, quindi, si può avvalere di una garanzia ipotecaria.

Nella prassi si verifica quasi sempre che sia il creditore che è assistito da un privilegio - e che quindi ha le maggiori possibilità di recuperare il suo credito - a dare impulso alla procedura esecutiva, mentre il condominio si limita ad intervenire nella medesima per ottenere il recupero delle spese di amministrazione non versate dall'esecutato.

Avviene quindi che l'obbligazione solidale di chi subentra nei diritti del moroso, riguardando solo i contributi dell'ultimo biennio, non è idonea a coprire gli ulteriori anni di morosità che si aggiungono rispetto al biennio previsto a causa della lunghezza della procedura.

Il problema principale, dunque, è che i crediti maturati dal condominio nelle more della procedura esecutiva non sembrano rientrare tra quelli prededucibili, cioè non pare appartengano alla categoria di crediti che devono essere corrisposti con precedenza rispetto agli altri.

L'art. 111 del R.D. 267/1942 (che contiene la disciplina sul fallimento e sulle procedure concorsuali) precisa che si considerano crediti prededucibili quelli che vengono qualificati come tali da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali oggetto della legge stessa, aggiungendo che tali crediti devono essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri.

Come già detto, i problemi nascono nei casi (molto frequenti) in cui il prezzo ricavato dalla vendita non sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori e, dal momento che il credito della compagine relativo alle spese condominiali non è assistito da alcun diritto di prelazione, avviene spesso che quest'ultimo non possa essere recuperato, tranne che per quanto riguarda la parte relativa all'anno in corso e all'anno precedente, riguardo ai quali è responsabile in solido l'acquirente, ai sensi dell'art. 63, comma 4, disp. att. c.c.

A questo punto va ricordato che l'art. 30 della legge di riforma del condominio (n. 220/2012) ha stabilito che i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per le innovazioni, sono prededucibili ai sensi dell'art. 111 del R.D. 267/1942, qualora siano divenute esigibili, ai sensi dell'art 63, comma primo, disp. att. c.c., durante le procedure concorsuali.

In tal modo risulta che l'art. 30, l. n. 220/2012, qualifica espressamente i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per le innovazioni, come crediti prededucibili in caso di procedura concorsuale; con la conseguenza che, in caso di fallimento del condomino e di conseguente liquidazione dell'attivo, per quegli specifici crediti il condominio avrà diritto di essere soddisfatto prima degli altri creditori.

Ma non è stata introdotta una identica previsione valida anche per le procedure esecutive, nonostante l'affinità fra le due situazioni.

Accade così che le spese per la conservazione delle parti comuni che, durante la procedura esecutiva, il condominio si accolla anche in relazione al condomino esecutato e che in tal modo finiscono per valorizzare l'immobile a vantaggio dell'acquirente non possano essere richieste (oltre che al titolare della proprietà del bene esecutato prima della vendita forzata) neppure al nuovo proprietario che, di fatto, ne beneficia.

La prededucibilità secondo la giurisprudenza

Anche la giurisprudenza sembra contraria al riconoscimento della prededucibilità delle spese di amministrazione condominiale.

Da una parte una decisione di legittimità (Cass., 22 giugno 2016, n. 12877) ha stabilito che l'art. 30 della legge 220/2012 si applica solo nel fallimento, affermando che «restano, invece, escluse dalle spese "necessarie" (ex art. 8 DPR 115/2002), da onorarsi in via di anticipazione dal creditore procedente ai sensi della norma citata, quelle spese che non abbiano un'immediata funzione conservativa della stessa integrità del bene pignorato e, quindi, le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria dell'immobile, così come gli oneri di gestione condominiale, non essendo neppure postulabile l'applicazione dell'art. 30, della legge 220/2012».

Anche in passato la Suprema Corte (20 luglio 1976, n. 2875) aveva deciso che le spese di manutenzione dei beni pignorati gravano sul creditore procedente o, in alternativa, sul custode, che deve sostenere personalmente l'esborso, chiedendone la restituzione in fase di distribuzione.

La giurisprudenza di merito si è invece mostrata più sensibile rispetto alla necessità di riconoscere maggiore tutela della compagine.

È stato dunque affermato (Trib. Bologna, 6 maggio 2000) che le spese condominiali, continuando a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, non possono essere poste a carico del condominio perché concernono un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori nell'esecuzione e, dunque, hanno la qualità di credito in prededuzione.

Ancora (Trib. Brescia, 10 maggio 2021), è stato sostenuto che il fondamento del privilegio previsto dall'art. 2770 c.c. (inerente ai crediti per atti conservativi o di espropriazione) deve essere individuato nella salvaguardia dell'interesse comune dei creditori, i quali traggono vantaggio dalle spese di natura condominiale perché conservano il valore del bene pignorato e quindi devono essere qualificate come crediti conservativi compiuti a favore del creditore procedente, assistiti da privilegio.

Insomma: all'interno della giurisprudenza di merito c'è qualche spiraglio favorevole alla prededucibilità dei crediti condominiali sorti durante la procedura esecutiva.

Prededucibilità: spese ordinarie e straordinarie

Anche volendo accordare la prededucibilità solo alle spese di natura ordinaria, in questa categoria andrebbero comunque ricondotte quelle per la fornitura di energia elettrica per l'illuminazione delle parti comuni, per il funzionamento dell'ascensore, del portone o del cancello del cortile, nonché quelle per la fornitura dell'acqua potabile.

Tali spese sono fondamentali: in caso di loro mancato pagamento da parte del condomino esecutato, infatti, si potrebbe verificare una morosità condominiale di importo comunque tale da far cessare la somministrazione, con la conseguenza che il bene pignorato verrebbe successivamente acquistato nella vendita forzata privo di servizi condominiali essenziali (luce, acqua, ascensore, riscaldamento).

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