Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Supercondominio: spese (non urgenti) anticipate da un caseggiato per beni comuni anche ad un altro palazzo e applicazione dell'articolo 1134 c.c.

Può capitare che due palazzi tra loro distinti abbiano in comune due o più beni. Occorre allora trovare la giusta disciplina da applicare, se quella condominiale o quella della comunione.
Avv. Anna Nicola 

Soprattutto nelle realtà cittadine, dove i condominii sono costruiti in aderenza gli uni agli altri, si può incappare in beni che sono appartenenti a questi stessi palazzi. Si crea così una comproprietà di dette cose comuni, pur in presenza di autonomia degli enti a cui servono, in capo ai medesimi.

Sebbene l'art. 1117 bis c.c. abbia dato una ampia definizione di condominio (Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117 c.c.), occorre entrare nel merito della fattispecie concreta per dare la giusta collocazione giuridica.

Questa tematica è stata affrontata dal Tribunale Salerno 6 febbraio 2024 n. 1039.

Nel caso di specie, tra due condominii vi è un muro di separazione e il pilastro del porticato di affaccio in comune. In ragion di danneggiamenti subiti, entrambi hanno avuto necessità di un rilevante intervento di risanamento che va a impattare su entrambi i palazzi.

In considerazione di ciò, il condominio attore, ha deliberato di eseguire una serie di lavori di straordinaria manutenzione che coinvolgevano anche l'altro condominio. La spesa è stata suddivisa, solo per ragioni di comodità e di divisione interna, tra i detti condomini.

Nel periodo in questione gli edifici avevano la gestione da parte di uno stesso amministratore.

Il primo condominio oltre alle opere strutturali predette ha deliberato di procedere anche con i necessari lavori consequenziali (quelli relativi alla linea fognaria acque nere e acque bianche, indispensabili per il risanamento dei fabbricati) interessando anche il contiguo condominio consenziente. Terminati i lavori, il secondo condominio rimane parzialmente debitore per i lavi interventi eseguiti.

L'impresa domanda capitale e interessi ai condominii che, tenuto conto di uno specifico contributo del Comune comportava ancora il versamento di una somma da parte del secondo edificio, ripartizione approvata in assemblea con la presenza anche di questo secondo edificio.

Le richieste bonarie non hanno sortito esito, mentre il condominio visti i conteggi egli acconti versati, ritiene di non essere obbligato a ulteriori pagamenti.

Il primo edificio si trova costretto ad agire in via giudiziale chiedendo il pagamento del residuo o di altra somma accertanda in corso di causa.

Il secondo condominio si costituisce e contesta la domanda avversaria, chiedendone il rigetto e chiedendo altresì, l'autorizzazione a chiamare in causa il terzo, un condomino che non aveva effettuato il pagamento delle somme richieste per essere garantito e manlevato nell'ipotesi in cui dovessero essere accertate come dovute le somme richieste.

Il terzo si è costituito eccependo la prescrizione del credito richiesto dall'attore nonché il difetto di legittimazione attiva di quest'ultimo ed il proprio difetto di legittimazione passiva, con domanda di rigetto della domanda attorea.

Si arriva a decisione.

Il tribunale ritiene che la domanda sia infondata e quindi da rigettare.

In primo luogo affronta la questione preliminare, della legittimazione attiva del condominio e passiva, del condomino del secondo palazzo, richiamando principi giurisprudenziali.

Si tratta della titolarità del potere o del dovere (rispettivamente per la legittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente dalla questione dell'effettiva titolarità dal lato attivo o passivo del rapporto controverso, questione che, invece, attiene al merito" (Cfr. ex multiis, Cass. n. 1188/1995).

Detto in altro modo, "è necessario e sufficiente che un soggetto affermi la propria titolarità del lato attivo di un diritto (legittimazione attiva) e che ad un soggetto sia attribuita titolarità del lato passivo di un diritto (legittimazione passiva), senza che sull'esistenza di tali condizioni dell'azione venga ad influire la concreta titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio, la quale viene a tradursi in una mera questione di merito che conduce conseguentemente non ad una pronuncia in rito sulla legittimazione, ma ad una pronuncia in merito sulla possibilità di accogliere la domanda" (Cfr. Trib. Cagliari n. 698/2018).

Con ciò, poiché il primo condominio reclama il pagamento di somme residue, nulla quaestio sulla correttezza della legittimazione.

Sotto il profilo del merito, ritiene che sia da aderire alle osservazioni formulate dal secondo condominio.

Ed infatti, dai documenti prodotti, non risulta che questi abbia mai deliberato i lavori in oggetto e neppure ha approvato alcun riparto o consuntivo di spesa.

Ciò che è dato riscontrare è che il condominio attore ha sostenuto spese per beni comuni senza valida autorizzazione (dell'amministratore o dell'assemblea); da questo assunto consegue che non possa vantare alcun diritto al rimborso delle somme corrisposte.

Supercondominio. Le spese anticipate da uno dei condominii per la gestione dei beni comuni possono essere rimborsate?

Conclusioni

La questione da risolvere è in tema di applicazione del caso di specie dell'art. 1110 c.c., che legittima l'intervento e la richiesta di rimborso nei confronti del comunista che ha un comportamento di trascuranza, piuttosto che l'art. 1134 c.c., in tema di condominio che legittima il rimborso solo se vi è urgenza di provvedere agli interventi necessari.

Il tribunale propende per questa seconda soluzione, affermando applicabile al caso di specie l'art. 1134 c.c. e rilevando che dagli atti non è stata riscontrata alcuna urgenza legittimante il rimborso sulla scorta dell'art. 1134 c.c., visto anche il trascorso degli anni tra l'evento dannoso e l'inizio dei lavori, oltre al fatto che l'attore non ha provato in alcun modo che il convenuto abbia manifestato il proprio consenso con l'adozione di una delibera assembleare.

Non fornisce tuttavia indicazioni sul perché sia da ritenere applicabile l'art. 1134 c.c. e non l'art. 1110 c.c.

A mio modo di vedere, il ragionamento non pare completamente corretto.

L'oggetto del contendere attiene a lavori di un muro e di un pilastro in comune tra due condominii autonomi. Non siamo in ambito di condominio complesso o simili, la cui esigenza è l'applicazione della specifica normativa, cioè nel caso di specie dell'art. 1134 c.c.

Si tratta piuttosto di due beni che sono in comunione tra due palazzi distinti. Entrambi ne sono comproprietari. Ne deve discendere che si deve tener conto dei singoli condominii come comunisti dei beni in esame e non come condominio in sé con assorbimento della relativa disciplina.

Nel caso di specie, essendo in ambito di comunione, sarebbe parso più consono rifarsi alla trascuranza così come sancita dall'art 1110 c.c. e non alle norme in ambito condominio, non trattandosi di un unicum condominiale.

E' verosimile che il tribunale abbia invece voluto fornire una stretta applicazione dell'art. 1117bis c.c.

Sentenza
Scarica Trib. Salerno 26 febbraio n. 1039
  1. in evidenza

Dello stesso argomento