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Usucapione breve ed inconsapevole di una parte condominiale: quando il condomino è in buona fede

È possibile che un condomino arrivi ad usucapire un bene comune in buona fede senza assumere comportamenti mirati ad ottenere tale risultato.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Il mero godimento dell'immobile non può integrare il possesso ad usucapionem, occorrendo la dimostrazione che il potere di fatto sia stato esercitato in modo inconciliabile con il godimento degli altri condomini. In altre parole non è sufficiente che gli altri comproprietari si siano limitati ad astenersi dall'uso della cosa, né che il singolo condomino abbia compiuto atti di gestione consentiti al singolo proprietario.

Usucapione ordinaria di una parte comune: i principi generali

L'usucapione ordinaria del bene comune da parte di uno dei comproprietari presuppone che il medesimo goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere come proprietario, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune, gravando l'onere della relativa, rigorosa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene (App. Napoli 25 gennaio 2024, n. 300).

Pertanto, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione del bene condominiale occorre, dunque, un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva; di conseguenza in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva (Cass. civ., sez. II, 09/11/2021, n. 32808).

Alla luce di quanto sopra l'apposizione di vasi di fiori e ingombri vari non è utile per usucapire una porzione di cortile comune sia per la precarietà dell'apposizione di fioriere e oggetti amovibili in genere, sia per l'ambiguità di un tale comportamento - quello di abbellire con piante e fiori gli spazi comuni - ordinariamente riconducibile all'interesse di tutti i condomini.

Usucapione ordinaria "inconsapevole" di area cortilizia comune

Un condomino chiedeva al Tribunale che venisse accertata la nullità delle clausole contenute nel rogito di acquisto di altri condomini che prevedevano il trasferimento ad uso esclusivo agli acquirenti non solo di unità immobiliare nel caseggiato ma anche di una frazione dell'area cortilizia comune.

Il Tribunale si rendeva conto che l'attore aveva ragione e, conseguentemente, dichiarava la nullità delle pattuizioni negoziali sopra dette, ordinando il conseguente ripristino dello stato di comunione: il cortile era tutto condominiale.

La Corte di Appello però notava che i convenuti avevano recintato l'area, costruendovi sopra e piantandovi alberi, escludendo stabilmente gli altri condomini: in altre parole secondo la Corte di merito gli appellati si erano comportati come proprietari per oltre venti anni. Di conseguenza accoglieva l'appello e dichiarava l'intervenuta usucapione della proprietà dell'area cortilizia.

Secondo la Cassazione - che ha confermato la decisione di secondo grado - la semplice dichiarazione di nullità delle clausole negoziali, che avevano attribuito la proprietà esclusiva di parte del cortile ai proprietari dell'unità immobiliare, non è stata in grado di escludere definitivamente il possesso, la cui esistenza, invece, essendo un potere di fatto sulla cosa rimane svincolata, anche dall'atto da cui trae origine (Cass. civ., Sez. II, 16/12/2016, n. 26061).

Usucapione breve dell'usufrutto di una porzione di portico condominiale

Un condomino cedeva a due interessati acquirenti rispettivamente il diritto di usufrutto e la nuda proprietà di un appartamento facente parte di un caseggiato, immobile che si trovava nel porticato dell'edificio; successivamente, con sentenza, veniva accertata la natura condominiale del porticato.

Tuttavia gli acquirenti contestualmente al rogito erano stati immessi nel possesso del bene (come indicato in apposita clausola contrattuale di dell'atto notarile) e, conseguentemente avevano provveduto alla manutenzione ordinaria e alla custodia dell'appartamento, sostenendone i relativi oneri.

Alla luce della situazione, gli stessi acquirenti con ricorso si rivolgevano al Tribunale per sentir accertare l'intervenuto acquisto, per usucapione ordinaria ex art. 1158 c.c. o per usucapione breve ex art. 1159 c.c. del detto bene. Resistevano gli altri proprietari degli appartamenti del palazzo che contestavano le domande, chiedendone il rigetto, sul presupposto dell'inesistenza di un possesso ad usucapionem.

Il Tribunale dava ragione ai resistenti. La Corte di Appello, dopo aver valutato le parole dei testimoni e la documentazione depositata in giudizio, non ha ritenuto condivisibile la sentenza di primo grado.

Secondo la Corte uno degli acquirenti ha realizzato l'usucapione breve dell'usufrutto dell'appartamento di cui ha avuto il godimento esclusivo per un periodo ultradecennale; del resto il diritto di usufrutto dell'appartamento è stato acquistato dall'acquirente in questione a non domino (il venditore si è dichiarato proprietario esclusivo del locale porticato senza realmente esserlo), in buona fede, avendo lo stesso legittimamente confidato nelle competenze del notaio il quale avrebbe dovuto verificare l'appartenenza esclusiva del porticato al venditore prima di procedere alla vendita, con un atto astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà (atto di vendita), debitamente trascritto.

L'usucapione abbreviata, infatti, la quale ha per presupposto il possesso di buona fede e l'esistenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire o a costituire il diritto reale sull'immobile, si compie col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione del titolo (1159 c.c.).

Diversa la posizione dell'acquirente della nuda proprietà dell'appartamento atteso che non è configurabile un "un potere di fatto corrispondente alla nuda proprietà", e, dunque, la sussistenza di una situazione possessoria ad immagine della nuda proprietà (App. Roma 29 febbraio 2024, 1430).

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