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Assemblea in videoconferenza: come acquisire preventivamente il consenso della maggioranza?

Le modifiche apportate all'art. 66 disp.att.c.c. stabiliscono che l'assemblea si può svolgere anche da “remoto”. Permane il problema di capire come tale consenso debba essere espresso.
Avv. Adriana Nicoletti 

Le modifiche apportate all'art. 66 disp.att.c.c. in conseguenza dell'epidemia da Covid-19 hanno introdotto nel nostro ordinamento una nuova modalità per svolgere le assemblee condominiali. Se in determinate situazioni (come, ad esempio, nel caso di assemblee da tenersi nei luoghi di vacanza) la c.d. "videoconferenza" è uno strumento più che valido per evitare che le riunioni possano andare deserte, in altri casi non sempre si tratta di pratiche gradite a tutti i condomini.

Il testo della norma, formulato in termini generici, non aiuta a comprendere tempi e modi per dare il consenso allo svolgimento dell'assemblea "da remoto" o "a distanza", e la giurisprudenza di merito di recente ha sostanzialmente affermato che i requisiti richiamati nella disposizione citata si intendono rispettati se nell'avviso di convocazione si specifichi che l'assemblea si svolga "esclusivamente in via telematica" e si indichi il link di collegamento. Ma sarà veramente così?

Rigettata l'impugnativa di delibera assembleare per violazione dell'art. 66 disp.att.c.c. Fatto e decisione

Il Tribunale di Belluno, con sentenza n. 146 pubblicata in data 20 marzo 2024, ha parzialmente accolto l'impugnativa di una delibera assembleare che, invece, è stata rigettata per un motivo di interesse generale.

Un condomino, infatti, aveva proceduto a ricorrere presso il Tribunale competente chiedendo che la delibera fosse dichiarata illegittima/invalida/nulla/annullabile per illegittima convocazione dell'assemblea, avvenuta in violazione dell'art. 66 disp.att.c.c. L'attore esponeva che la riunione era stata convocata in via esclusivamente telematica, senza che tale modalità fosse stata preceduta da una delibera assembleare sul punto.

La contestazione è stata ritenuta dal primo giudice destituita di fondamento e lo specifico motivo di impugnativa è stato rigettato. Dagli atti di causa, infatti, e segnatamente dall'avviso di convocazione risultava che era stato specificato che l'assemblea si sarebbe tenuta esclusivamente in via telematica ed a tale fine era stato riportato anche il link per il collegamento.

Inoltre, all'assemblea oggetto di impugnativa i condomini presenti, all'unanimità, avevano approvato lo svolgimento della riunione in videoconferenza.

Il dettato di cui all'art. 66 disp.att.c.c. era stato, dunque, pienamente rispettato rendendo infondata l'argomentazione dell'attore, il quale aveva sostenuto che per lo svolgimento di un'assemblea da remoto sarebbe necessario indire un'apposita e preventiva riunione nella quale acquisire il consenso della maggioranza.

Una tale eventualità, ad avviso del Tribunale, verrebbe a rappresentare "un aggravio procedurale che non trova alcuna giustificazione nell'esigenza di tutelare interessi o diritti giuridicamente rilevanti".

Considerazioni conclusive

La decisione del giudice Palermitano è fondata sull'esegesi, anche storica, dell'art. 66 disp. att. c.c. che è preordinato a stabilire le diverse modalità che interessano lo svolgimento delle assemblee condominiali.

La norma, infatti, che ripartisce le riunioni tra ordinarie e straordinarie, richiamando espressamente per le prime l'art. 1135 c.c. nonché individuando anche i soggetti legittimati alla convocazione (l'amministratore ovvero il singolo condominio, in mancanza del primo), stabilisce i criteri e le modalità relativi all'avviso di convocazione ed al suo contenuto; ai tempi di invio; ai mezzi per portare a conoscenza di tutti gli aventi diritto la data della futura riunione (condomini e non) oltre agli effetti che una omessa, tardiva o incompleta convocazione sortiranno nei confronti delle relative delibere assembleari.

La legge n. 220/2012, che ha marginalmente modificato questa parte dell'art. 66 è, invece, intervenuta in modo abbastanza innovativo nel momento in cui ha aggiunto come modalità di recapito dell'avviso di convocazione l'utilizzo della "PEC", avendo considerato il legislatore che anche il condominio si dovesse adeguare alle novità di comunicazione previste per gli atti ricettivi.

In seguito all'epidemia da Covid-19, la norma è stata nuovamente modificata introducendo la possibilità di svolgere l'assemblea da remoto, ovvero in videoconferenza, indicando nell'avviso "la piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e l'ora della stessa".

Occorre, poi, evidenziare che l'ultimo comma dell'art. 66 cita testualmente: "anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza.

In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione".

Dal combinato disposto delle due disposizioni ivi richiamate il Tribunale ha tratto, anche a fronte della circostanza che i condomini, già avvertiti che l'assemblea si sarebbe svolta da remoto, al momento della riunione assembleare (ma non prima), a larghissima maggioranza, avevano "approvato" tale modalità, che non vi fossero motivi per annullare, per tale profilo, la delibera assembleare.

Giova a questo punto fare alcune osservazioni.

Da quanto risulta, nello specifico, era stato l'amministratore a decidere, unilateralmente, che l'assemblea si svolgesse in videoconferenza, mentre in sede assembleare i condomini non avevano fatto altro che ratificare il suo operato. Quindi, si può dire che allo stato mancava il "previo consenso" sostituito dalla convalida di tale modalità.

Dalla motivazione della sentenza non risulta alcuna preventiva obiezione sul punto a cura dell'attore, pur a conoscenza della modalità di svolgimento della riunione perché a lui nota tramite l'avviso di convocazione.

Si può configurare un suo tacito consenso? Quanto a ciò è stato affermato che, in via generale, ". l termine "consenso", in senso proprio, è espressione dell'autonomia privata, suppone, cioè, un atto di disposizione, diretta (ad esempio, art. 5 c.c., o art. 50 c.p.) o indiretta (ad esempio, art. 1144 c.c.), volto a dirimere un possibile conflitto tra due sfere di interesse, in maniera da escludere in concreto l'illiceità di un comportamento astrattamente lesivo di interessi disponibili.

Quindi, in ambito della videoconferenza, il consenso non costituisce una mera acquiescenza ad un'attività imposta dall'amministratore ma crea le condizioni di un'autorizzazione preventiva negoziale all'utilizzo della piattaforma telematica per lo svolgimento dell'assemblea" (Trib. Padova 21 marzo 2022, n. 551).

Da ultimo, va evidenziato che la possibilità di svolgere l'assemblea in videoconferenza non può privare i condomini del diritto di partecipare in presenza allorché vi siano soggetti non dotati dei mezzi necessari per una partecipazione da remoto.

A tal fine la novità legislativa non esclude la possibilità di convocare l'assemblea anche in forma tradizionale.

In verità si può ritenere che questo sia il modo più corretto per procedere, a meno che con precedente delibera l'assemblea non abbia già deciso, a maggioranza dei soli condomini, di svolgere la riunione in video conferenza.

Poiché l'art. 66, nel suo nuovo testo, fa espresso riferimento al regolamento di condominio ("anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale") sarà opportuno adeguare le norme regolamentari di riferimento alle norme vigenti, introducendo una modifica in questo senso con delibera assembleare approvata con il quorum indicato nell'art. 1136, co. 2., c.c. Resta, poi, da capire, se la nuova disposizione regolamentare possa avere carattere generale, oppure se debba essere riferibile alle singole assemblee.

Sentenza
Scarica Trib. Belluno 20 marzo 2024 n. 146
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