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Condominio: si può impugnare una delibera senza interesse personale?

È ammissibile l'impugnazione di una deliberazione assembleare se non si dimostra il concreto interesse a ottenere un vantaggio dall'esito del procedimento?
Avv. Mariano Acquaviva 

L'art. 1137 c.c. consente a tutti i condòmini - purché assenti, dissenzienti o astenuti - di impugnare la deliberazione contraria alla legge o al regolamento, entro il noto termine decadenziale di 30 giorni.

Nessun'altra limitazione pone la norma: è sufficiente che la delibera sia illegittima perché possa essere oggetto di contestazione.

In teoria, quindi, l'impugnazione potrebbe essere promossa anche solo per "senso di giustizia", cioè per garantire la legalità all'interno dell'edificio, a prescindere da un concreto interesse personale del ricorrente. È proprio così? Si può impugnare una delibera condominiale senza interesse personale?

Cos'è l'interesse ad agire?

Ai sensi dell'art. 100 c.p.c., «Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse».

L'interesse ad agire può essere definito come l'interesse al conseguimento di un'utilità o di un vantaggio non ottenibile senza l'intervento del giudice.

L'interesse ad agire deve essere:

  • personale, nel senso che il risultato vantaggioso deve riguardare direttamente il soggetto che agisce;
  • attuale, in quanto deve sussistere al momento in cui si propone la domanda;
  • concreto, ovvero deve essere valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del soggetto che esercita l'azione.

Si può impugnare una delibera condominiale senza interesse personale?

L'art. 100 c.p.c. è norma generale che si applica a qualsiasi tipo di contenzioso giudiziario.

L'interesse ad agire rappresenta quindi una condizione indefettibile che deve sussistere in ogni tipo di azione, anche allorquando si impugna una delibera condominiale.

L'art. 1137 c.c., dunque, individua le condizioni che legittimano l'impugnazione della decisione assembleare, senza però estromettere quella fondamentale che si trova alla base di ogni azione, cioè l'interesse personale al risultato finale.

Secondo la giurisprudenza (Cass, n. 5129/2024), «Non può certo sostenersi che la legittimazione ad agire per l'annullamento, attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti, non sia subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla semplice rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di impugnazione della deliberazione collegiale.

Occorre, peraltro, distinguere, tra l'interesse ad agire mediante impugnazione della delibera e l'interesse tutelato dell'attore, essendo il primo necessariamente strumentale al secondo. L'interesse del condomino ad impugnare la deliberazione, in particolare, è limitato all'interesse giuridicamente rilevante che egli abbia ad un diverso contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare, contenuto diverso perché più conveniente alle sue personali aspirazioni, sebbene la decisione del giudice che accoglie la domanda ex art. 1137 c.c. si limiti in negativo a caducare la delibera sfavorevole e non possa sostituirsi in positivo all'attività dell'assemblea.

Parallelamente, l'interesse ad agire, sotto il profilo processuale, suppone che venga prospettata una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata, così rivelando quale utilità concreta potrebbe ricevere dall'accoglimento della domanda».

Secondo la Corte d'Appello di L'Aquila (15 maggio 2024, n. 639), in difetto di qualsivoglia allegazione al riguardo da parte dell'attore, il giudice deve dichiarare inammissibile per difetto di interesse ad agire l'impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata dal condomino contro la deliberazione assembleare, quando si limita a censurare la delibera come annullabile ma non dice in che modo essa avrebbe leso un suo interesse.

In questo senso anche altra giurisprudenza di merito (Trib. Taranto, 21 aprile 2023, n. 935), secondo cui l'interesse ad agire, condizione richiesta per l'annullamento di una delibera assembleare condominiale affetta da vizi sostanziali, è subordinato alla prova di uno specifico e rilevante interesse alla caducazione.

Così espressamente l'ultima pronuncia menzionata: «In tema di impugnazione delle delibere assembleari condominiali, la domanda proposta dal condomino ai sensi dell'articolo 1137 c.c. non può essere sorretta esclusivamente dall'interesse alla legalità della gestione comune, atteso che la legittimazione ad impugnare è concessa al fine impedire che si realizzi in concreto il risultato della decisione contro la quale il condomino ha votato o avrebbe votato qualora fosse stato presente».

L'interesse ad agire nel caso di vizi formali della delibera

Quanto detto sinora è indubitabile per i cosiddetti "vizi sostanziali" della deliberazione assembleare.

È il classico caso della contestazione di un errato riparto spese: la giurisprudenza ha ribadito che «il condomino, il quale intenda proporre l'impugnativa di una delibera dell'assemblea per l'assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale» (Cassazione, n. 6128/2017).

Le cose cambiano per i cosiddetti "vizi formali" della delibera (difetto di quorum, irregolarità della convocazione, ecc.).

Secondo una parte della giurisprudenza (Trib. Roma, 30 dicembre 2022, n. 19191), in quest'ultima ipotesi la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. non è subordinata alla prova di uno specifico interesse diverso da quello volto alla rimozione dell'atto impugnato.

L'interesse ad agire richiesto come condizione dell'azione di annullamento è costituito dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le delibere assembleari condominiali.

Esso è in re ipsa e coincide con l'interesse a rimuovere l'atto viziato essendo diritto di ogni condomino a vedere rispettate tutte le fasi del procedimento assembleare.

La Suprema Corte (10 maggio 2013, n. 11214) ha tuttavia specificato che l'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condòmini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio.

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