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Le controversie condominiali non soggette all'esperimento della mediazione obbligatoria

L'art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 stabilisce che chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, è tenuto, preliminarmente, ad esperire il procedimento di mediazione.
Avv. Mauro Stucchi 

In merito al significato dell'espressione "controversia in materia di condominio", l'art. 71 quater disp. att. c.c. dispone che "ai sensi dell'art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articolo da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l'attuazione del codice civile".

Vi sono, però, fattispecie in cui, seppur la controversia sia inerente l'ambito del condominio, l'esperimento preliminare del procedimento di mediazione non è obbligatorio, in particolare le ipotesi in cui un condomino subisce danni dalla cattiva manutenzione delle parti comuni o di proprietà esclusiva e quelle della revoca giudiziaria dell'amministratore.

La domanda di risarcimento danni da infiltrazioni

Una delle controversie più diffuse in ambito condominiale ha per oggetto le infiltrazioni provenienti dalle parti comuni o di proprietà esclusiva e la conseguente domanda di risarcimento per i danni causati agli stessi causati, riconducibili alla fattispecie disciplinata dall' art. 2051 c.c., la cd. responsabilità da cose in custodia.

Tale norma configura una ipotesi di responsabilità oggettiva poiché stabilisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Ai fini dell'accertamento della responsabilità, è sufficiente, infatti, che il danneggiato fornisca la prova di due elementi:

  • l'esistenza di un effettivo potere fisico sulla cosa da parte del custode sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi;
  • una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso.

In quanto custode dei beni comuni, il condominio risponde dei danni causati al condomino a prescindere dall' accertamento dei motivi che li hanno causati, essendo rilevante soltanto il caso fortuito.

Ne deriva che nelle controversie che hanno per oggetto:

  • il risarcimento dei danni subiti da uno dei condomini, derivanti dal bene comune;
  • il risarcimento dei danni subiti da uno dei condomini, derivanti dalla proprietà individuale l'esperimento della mediazione non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Roma, il quale ha affermato che la domanda risarcitoria non rientra tra quelle di cui all' art. 71 quater disp. att., per le quali è prevista la mediazione (sent nn. 1770/2021 e 23886/2019) ed il Tribunale di Milano (ord. 15 dicembre 2020).

In conclusione, nell'ipotesi in cui un condomino intenda esercitare un'azione di risarcimento dei danni subiti derivanti dal bene comune, la mediazione non è obbligatoria, poiché la responsabilità del condominio trova il suo fondamento nell'art. 2051 c.c.

La revoca dell'amministratore in sede giudiziaria

La seconda questione da analizzare è quella che riguarda il rapporto tra la mediazione e la revoca giudiziale dell'amministratore.

L'art. 1229 c.c. prescrive gli inadempimenti per i quali anche il singolo condomino può autonomamente agire per ottenere la revoca dell'amministratore, (qualora l'assemblea non abbia già provveduto in tal senso).

In questi casi anche un solo condomino potrà rivolgersi al Tribunale e chiedere che l'amministratore venga dichiarato decaduto, ex art. 1129, comma 11, cc.

Per legge, costituiscono gravi irregolarità dell'amministratore che ne giustificano la revoca giudiziale:

  • l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale;
  • il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore;
  • la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea;
  • la mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale;
  • la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore;
  • l'aver omesso di curare diligentemente l'azione contro i condòmini morosi; - l'omessa o cattiva tenuta dei registri condominiali (anagrafe, ecc.).

Ma l'azione di revoca dell'amministratore è da considerarsi materia condominiale tale per cui l'avvio della procedura di mediazione è obbligatoria pena l'improcedibilità dell'eventuale successivo procedimento in sede giudiziale?

Sul punto la giurisprudenza ritiene che la revoca giudiziale, in quanto instaura un procedimento di volontaria giurisdizione, non può rientrare tra le controversie condominiali in senso stretto e, pertanto, è una procedura che esula dalle ipotesi di mediazione obbligatoria.

Nei procedimenti di volontaria giurisdizione in questione, non trovano applicazione le regole normalmente previste dalla legge in tema di contenzioso civile, le quali prevedono l'identificazione di una parte vittoriosa e di una parte soccombente anche al fine di regolare le spese di giudizio.

Sull'argomento si è recentemente espressa la Corte D'Appello di Napoli (Ordinanza n° 1176 del 22 aprile 2024), che ha affrontato la questione incidentalmente ritenendo non obbligatorio il tentativo preliminare di mediazione in questo tipo di procedura.

In senso conforme si erano già espresse la Corte di Cassazione, nell' ordinanza n. 1237 del 18 gennaio 2018 e la Corte di Appello di Palermo nella sentenza del 29 giugno 2018.

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