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Se il garage è inutilizzabile il preliminare può essere risolto

Per la Cassazione il box per il ricovero delle auto svolge una funzione importante ai fini del godimento del bene-casa.
Avv. Gianfranco Di Rago 

Se il box auto interrato è inutilizzabile per l'eccessiva difficoltà delle manovre necessarie all'ingresso, il promissario acquirente dell'unità immobiliare di cui il garage è pertinenza può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento.

Da questo punto di vista non rilevano eventuali sanatorie edilizie ottenute dal costruttore-venditore. Lo ha chiarito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 15309, pubblicata lo scorso 31 maggio 2024.

Fatto e decisione.

Nella specie l'attore aveva citato in giudizio il titolare di un'impresa edile individuale per sentire accogliere nei suoi confronti la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di vendita immobiliare, con conseguente condanna del medesimo alla restituzione della somma versata in acconto sul prezzo pattuito e al pagamento della penale prevista dal contratto, nonché al pagamento di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei danni per esborsi sostenuti per opere eseguite nell'appartamento promesso in vendita.

L'attore aveva premesso di avere stipulato il preliminare di vendita di un immobile in costruzione con box auto pertinenziale al piano interrato e asseriva che l'impresa costruttrice si era resa inadempiente alle obbligazioni assunte, non avendo consegnato l'immobile entro il termine previsto e avendo realizzato la rampa di accesso al box auto con una pendenza superiore a quella massima, pari al 20%, prevista dal regolamento edilizio.

Si era costituito in giudizio il convenuto, deducendo l'imputabilità del ritardo nella consegna alle nuove e ulteriori richieste di modifiche formulate dal promissario acquirente, nonché l'avvenuta sanatoria - a mezzo di pagamento di sanzione amministrativa - della irregolare pendenza della rampa, con conseguimento del certificato di agibilità.

Chiedeva, pertanto, in via riconvenzionale, il trasferimento ex art. 2932 c.c. dell'immobile, previo pagamento del saldo prezzo.

Il Tribunale aveva accolto la domanda e la sentenza era stata confermata in appello. Anche i giudici di secondo grado avevano infatti ritenuto che il contestato inadempimento non era di scarsa importanza ai fini della risoluzione del contratto.

Infatti, il bene era effettivamente inutilizzabile, essendo la percorrenza della rampa estremamente difficoltosa per un conducente di media abilità, anche nella più agevole delle situazioni, e con alcuni veicoli oggettivamente impossibile.

Ne derivava, secondo i giudici, l'inutilizzabilità del garage, a meno di porre in eccezionali sforzi, che certo non potevano pretendersi dall'acquirente, per l'uso cui il bene era destinato.

Per di più, considerata la elevata pendenza, dovevano ritenersi estremamente difficoltosi anche eventuali usi alternativi del vano (ad esempio, quale deposito), considerato che a causa di una pendenza variabile tra il 29% ed il 38% esso risultava anche difficilmente percorribile a piedi, soprattutto per l'uso pedonale con eventuali carichi.

La Corte di Appello non ha ritenuto condivisibili le argomentazioni difensive relative alla sanatoria intervenuta sul manufatto.

Invero, pur tenendo presente la giurisprudenza di legittimità (si veda, ex multis, Cass. civ., n. 30950 del 27/12/2017) circa il fatto che l'eventuale sanatoria delle difformità riscontrate sull'immobile non è di per sé idonea a escludere la rilevanza dell'inadempimento, rilevava, sotto questo punto di vista, il profilo sostanziale dell'effettiva utilizzabilità del bene, condizione necessaria ma non sufficiente a escludere l'inadempimento.

Né poteva ritenersi che il bene, essendo intervenuta la sanatoria dell'irregolarità, non fosse sottratto alla circolazione giuridica, essendo evidente che un bene inutilizzabile non è certamente appetibile sul mercato.

Ai fini della valutazione della rilevanza dell'inadempimento, nell'economia del contratto, non doveva tenersi conto del mero dato economico, dovendosi invece commisurare la gravità dell'inadempimento all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del negozio.

Il garage era di fatto inutilizzabile - a meno di notevolissimo e inesigibile sforzo per l'acquirente - per la finalità d'uso, ed era difficilmente utilizzabile anche solo come deposito in virtù dell'eccessiva pendenza.

I giudici hanno anche evidenziato che la rilevanza, nell'economia di un contratto di vendita immobiliare, del posto auto emerge chiaramente anche dalla volontà del Legislatore e che l'importanza dell'inadempimento poteva cogliersi proprio nella funzione del garage in correlazione al bene-casa, alla luce, in particolare, del contesto socio-economico.

Risoluzione per inadempimento in ambito condominiale

Considerazioni conclusive.

La Corte di Cassazione ha a sua volta confermato la decisione impugnata. Fermo restando che la valutazione della gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione del contratto consiste in un apprezzamento di merito, come tale non censurabile in sede di legittimità, la Suprema Corte ha comunque fatto sue le considerazioni dei giudici di merito sullo stretto legame che deve riconoscersi, nell'attuale contesto socio-economico, al rapporto tra unità abitativa e box auto pertinenziale, tanto che anche il vizio limitato a tale ultimo bene può considerarsi dirimente ai fini della risoluzione del complessivo contratto di vendita.

A tale fine i giudici di legittimità hanno richiamato un precedente in linea con dette considerazioni e che, sia pure sotto il diverso profilo delle norme di sicurezza antincendi, era comunque riferito alla necessaria praticabilità di un garage parametrata alla normale capacità di guida di un conducente.

Con sentenza n. 13979 del 24/06/2011 la Cassazione ha infatti ritenuto che in tema di preliminare di vendita di un box auto, ove il promissario acquirente chieda la risoluzione del contratto per inadempimento, stante l'inutilizzabilità del bene per l'impossibilità della manovra di accesso, il criterio della facile manovrabilità, di cui agli artt. 3.6.3. e 3.7.2. del decreto ministeriale dell'1 febbraio 1986 del Ministero dell'Interno, recante norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse, non è soddisfatto dal semplice rispetto dei minimi dimensionali di ampiezza e va collegato al dato oggettivo della dimensione del veicolo rapportato alla ristrettezza degli spazi, nonché alle difficoltà che incontra un qualunque conducente dotato di normale abilità.

Sentenza
Scarica Cass. 31 maggio 2024 n. 15309
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